La candidata vincente
Da Margaret Thatcher a Giorgia Meloni, storie di donne che hanno cambiato la politica
Martina Carone
UTET, Milano 2023, pp. 160
L’analisi di Martina Carone in
La candidata vincente vuole
offrire uno spaccato di che cosa
significhi “politica”, intesa non
come «il mezzo, lo strumento, l’a
zione attraverso la quale affermare
gli interessi rappresentati, le
regole del gioco della democrazia
che vanno rispettate per poter
entrare nei palazzi» ma come la
«semplice declinazione femminile
del sostantivo “politico”» (p. 7).
Lo fa esaminando anzitutto dati e
studi sulla leadership femminile,
le sue caratteristiche, le differenze
rispetto a quella maschile, tracciandone
la storia soprattutto degli
ultimi decenni. Ciò che emerge
è uno stile più partecipato, che
favorisce un maggiore coinvolgimento
di quanti fanno parte del
gruppo di lavoro o sono i destinatari
delle politiche perseguite.
In seguito l’A. riporta diversi
esempi presi dalla sfera nazionale
e internazionale: donne che hanno
avuto successo o meno, donne
che si sono fatte da sé (come
Sanna Marin o Alexandria Ocasio-
Cortez) o che hanno sfruttato
dapprima la personalità dei mariti
per poi emanciparsi (Cristina Fernández de Kirchner o Hillary
Clinton). C’è chi ha sottolineato
maggiormente la femminilità
e la gentilezza
(ad esempio Jacinda
Ardern), chi la
forza e la tenacia
(Angela Merkel),
chi ha dovuto far
capitolare il proprio
padre (Marine
Le Pen).
Leggendo queste
storie si conferma
quanto sostiene l’A.:
«Una maggiore partecipazione
femminile nei contesti di
potere ha degli effetti, e i meccanismi
che mirano a correggere
la sottorappresentazione hanno
dei fondamenti sociali e politici»
(p. 16). Purtroppo però resistono
stereotipi di genere che non solo
bloccano la partecipazione, ma
anche dettano stili, comportamenti,
domande e allusioni che
non trovano paragoni nella sfera
maschile.
Si parla dunque di
“soffitto di cristallo”:
alcune donne sono
riuscite a rompere
le barriere
e i limiti che la
discriminazione
impone, altre no
(paradigmatico in
questo senso è l’episodio
della sconfitta
di Clinton nel 2016). In
ogni caso, resta innegabile
la sua presenza. La conclusione
dell’A. è che questa barriera possa
«essere messa davvero in discussione
solo immaginando nuovi
modelli di leadership, diffusi e
condivisi, che lo rendano infine, e
per davvero, impercettibile e ininfluente.
Per tutte» (p. 149).
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