La candidata vincente

Da Margaret Thatcher a Giorgia Meloni, storie di donne che hanno cambiato la politica

Martina Carone
UTET, Milano 2023, pp. 160
Scheda di: 
Fascicolo: maggio 2024

L’analisi di Martina Carone in La candidata vincente vuole offrire uno spaccato di che cosa significhi “politica”, intesa non come «il mezzo, lo strumento, l’a zione attraverso la quale affermare gli interessi rappresentati, le regole del gioco della democrazia che vanno rispettate per poter entrare nei palazzi» ma come la «semplice declinazione femminile del sostantivo “politico”» (p. 7). Lo fa esaminando anzitutto dati e studi sulla leadership femminile, le sue caratteristiche, le differenze rispetto a quella maschile, tracciandone la storia soprattutto degli ultimi decenni. Ciò che emerge è uno stile più partecipato, che favorisce un maggiore coinvolgimento di quanti fanno parte del gruppo di lavoro o sono i destinatari delle politiche perseguite.

In seguito l’A. riporta diversi esempi presi dalla sfera nazionale e internazionale: donne che hanno avuto successo o meno, donne che si sono fatte da sé (come Sanna Marin o Alexandria Ocasio- Cortez) o che hanno sfruttato dapprima la personalità dei mariti per poi emanciparsi (Cristina Fernández de Kirchner o Hillary Clinton). C’è chi ha sottolineato maggiormente la femminilità e la gentilezza (ad esempio Jacinda Ardern), chi la forza e la tenacia (Angela Merkel), chi ha dovuto far capitolare il proprio padre (Marine Le Pen).

Leggendo queste storie si conferma quanto sostiene l’A.: «Una maggiore partecipazione femminile nei contesti di potere ha degli effetti, e i meccanismi che mirano a correggere la sottorappresentazione hanno dei fondamenti sociali e politici» (p. 16). Purtroppo però resistono stereotipi di genere che non solo bloccano la partecipazione, ma anche dettano stili, comportamenti, domande e allusioni che non trovano paragoni nella sfera maschile.

Si parla dunque di “soffitto di cristallo”: alcune donne sono riuscite a rompere le barriere e i limiti che la discriminazione impone, altre no (paradigmatico in questo senso è l’episodio della sconfitta di Clinton nel 2016). In ogni caso, resta innegabile la sua presenza. La conclusione dell’A. è che questa barriera possa «essere messa davvero in discussione solo immaginando nuovi modelli di leadership, diffusi e condivisi, che lo rendano infine, e per davvero, impercettibile e ininfluente. Per tutte» (p. 149).

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