«Non c’è una rivoluzione fatta a suo nome che non abbia portato alla dittatura, alla soppressione di ogni libertà» (p. 19).
Questa è la prima battuta del dibattito tra l’A. e Karl Marx, che apre il libro di Salvatore Vento. Per tutto il corso del Novecento e oltre, la dottrina di Marx ha ispirato (e continua a ispirare) consenso, nuovi movimenti e nuove interpretazioni. Le idee del filosofo sono state commentate da numerosi autori, tra cui Giovanni Gentile e John Maynard Keynes; sono state anche oggetto di severe critiche, non solo da parte di altri filosofi ed economisti (Hans Kelsen, Karl Popper), ma anche della Chiesa cattolica; tra i suoi detrattori si contano Pio IX (con il Sillabo), Leone XIII (con l’enciclica Rerum novarum) e, più recentemente, Benedetto XVI (con l’enciclica Spe salvi).
Il libro si divide in due parti. La prima ospita il dialogo fittizio tra l’autore e il filosofo; un confronto immaginario, il cui obiettivo è analizzare la dottrina di Marx nei suoi elementi essenziali, a prescindere dalle interpretazioni successive, dalle conseguenze sul contesto sociopolitico degli ultimi decenni e, soprattutto, dalle strumentalizzazioni che ciò ha comportato. Nella seconda parte si analizzano, invece, le critiche rivolte al “marxismo” dalla Chiesa, con particolare enfasi sugli interventi di Paolo VI e Benedetto XVI.
«Io, Karl Marx, non sono “marxista”», protesta il Marx di Vento (p. 20), in risposta all’accusa rivoltagli dall’A. Non è un’affermazione priva di coerenza. Le idee di Marx ed Engels, basate su alcune precedenti dottrine economiche, tra cui quella di Smith e quella di Ricardo, furono alla base del movimento socialista e del comunismo e vennero riprese da Lenin e poi da Stalin, confluendo nell’ideologia ufficiale dell’Unione Sovietica bolscevica. Le idee originarie non sono però, esse stesse, “marxiste”; la dottrina concepita da Marx nell’Ottocento postulava l’emancipazione della classe operaia e, per estensione, quella dell’umanità, e tuttavia il Marx di Vento riconosce che «Alla tendenza oggettiva del capitale che, per definizione, non conosce confini e frontiere nazionali, le organizzazioni operaie non riuscivano a sviluppare un’analoga forza e le loro lotte rimanevano chiuse nei singoli Paesi» (p. 135). Si può davvero postulare una reale responsabilità del filosofo per quanto riguarda “le rivoluzioni fatte a suo nome”?
Con questo libro, nato in occasione dell’anniversario dell’abbattimento del muro di Berlino, l’A. ci consegna uno sguardo al tempo stesso limpido e personale su una delle dottrine più accusate e criticate della storia, ma che – come detto nella prefazione da Bartolomeo Sorge – per quanto “sovversiva”, si è rivelata fondamentale per rivitalizzare la Chiesa nei suoi momenti di maggiore crisi.