Il senso della mediazione dei conflitti. Tra diritto, filosofia e teologia

Maria Martello (ed.)
Giappichelli, Torino 2024, pp. 224
Scheda di: 
Fascicolo: aprile 2025

Il testo, curato da Maria Martello, con i contributi di Tommaso Greco, Roberto Bartoli, Luciana Breggia, Letizia Tomassone e Pietro Bovati, è un’opera complessa e ricca, che si muove lungo le strade intersecate del diritto, della filosofia e della teologia. La curatrice si propone di mostrare i possibili mutamenti strutturali del sistema della giustizia, forse ancora lontani ma ampiamente realizzabili, e di provare che la mediazione non è solo un metodo alternativo alla giustizia tradizionale, ma un potentissimo strumento nella costruzione e nella riconciliazione dei rapporti umani. Alla base vi è una convinzione: «L’umanità è chiamata ad una scelta, è di fronte a due possibilità, due polarità: l’ascoltare contro il combattere. O ci ascoltiamo, o combattiamo. Quando si vive il conflitto dal lato dell’ascolto è possibile una maturazione. Quando si combatte si distrugge» (p. 7).

La prima parte de Il senso della mediazione dei conflitti si apre con un capitolo significativo, «Generiamo una nuova mentalità». Mentre il conflitto, inteso come sentimento che proviamo, è parte della natura umana ed è quindi inevitabile, innanzitutto nella sfera individuale ma anche in quella collettiva, il conflitto inteso come scontro può essere gestito o addirittura prevenuto, diventando occasione di crescita personale e sociale. Attraverso i riferimenti a pensatori del calibro di Salvatore Natoli e Marshall Rosenberg, si ribadisce che il mediatore non svolge un ruolo prettamente tecnico, ma accompagna le parti a comprendersi, al fine di trovare un punto di incontro, senza giudicare e riconoscendo i rispettivi e diversi bisogni ed emozioni.

Il secondo capitolo affronta il valore educativo della mediazione, nella dimensione relazionale e nella gestione delle paure, dei dolori, della sfiducia e delle incertezze. La mediazione insegna ad accettare la diversità altrui senza sentirsene minacciati, bensì più consapevoli, dunque più aperti al dialogo. Nel focus dedicato al mediatore emerge il ritratto di una persona saggia, che non impone scelte, ma comprende, ascolta e guida con umiltà, tenerezza, creatività e assertività, attraverso i doni dell’empatia e dell’ascolto, oltre a quello preziosissimo del silenzio, padre della riflessione e dell’opportunità.

La seconda parte del testo pone lo sguardo sulla giustizia da angolazioni differenti, iniziando dall’analisi del «diritto della fiducia», basato sull’orizzontalità dei rapporti tra le parti, della sua declinazione in un’ottica di responsabilità condivisa, in cui la giustizia non si fonda più sulla coercizione, ma sulla reciproca comprensione. I testi selezionati si concentrano sulle differenze tra giustizia punitiva e giustizia riparativa, l’una basata sul principio di retribuzione, l’altra sulla riconciliazione, quindi più coinvolgente per le parti e capace di condurre a soluzioni più umane e durature. Anche il sistema giudiziario (notevole l’approfondimento su quello italiano dopo la riforma Cartabia) può risentire positivamente della mediazione, per ridurre il numero delle cause penali e favorire la relazione tra le parti.

Infine, si affronta la dimensione più spirituale della mediazione, soprattutto attraverso le esperienze storiche di riconciliazione e i testi sacri, fonte di una concezione di perdono, che supera la vendetta e tende a soluzioni che, nel giudizio, riuniscono i legami spezzati. Per costruire un tessuto sociale più pacifico e più “giusto” è quindi necessario avvicinarsi alla mediazione, promuovendo la cultura del dialogo. La curatrice auspica, con un testo intenso e al contempo scorrevole, la direzione in cui può muoversi la giustizia, che non si limita a punire i colpevoli, ma mira a comprendere il valore delle relazioni umane.

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