Il papa gesuita
«Pensiero incompleto», libertà, laicità in papa Francesco
Vittorio V. Alberti
Mondadori Education, Milano 2014, pp. 200, € 11,90
Da quando papa Francesco è salito al soglio pontificio, si è incessantemente impegnato, nei gesti e nelle parole, a spogliare la figura del successore di Pietro da ogni aura magica, a svestirla – e a svestirsi – da ogni possibile paludamento superfluo, per ricordare che «nel cattolicesimo – e molto nei discorsi dei gesuiti – il papa è […] un segno visibile di una realtà più alta e grande: la centralità di Cristo, tratto primario della prospettiva ignaziana» (p. 1). Con questa premessa si apre il volume di Vittorio Alberti, filosofo, scrittore e officiale del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, che si propone di spiegare quali siano «i tratti del gesuita in papa Francesco, tra libertà e laicità» (p. 6). Per andare quindi oltre la maschera da supereroe che i media, soprattutto quelli poco favorevoli alla Chiesa, mettono addosso al papa, l’A. conduce il lettore attraverso gli aspetti salienti del carisma gesuitico e del pensiero ignaziano, aprendo a una diversa visione sulla Chiesa, sul mondo e, quindi, anche su Francesco stesso. Cosa affascina di papa Francesco? Ad esempio, che «non dà l’impressione di brandire principi come una clava, ma di accogliere e parlare a tutti» (p. 15), un atteggiamento frutto di quella capacità di trovare Dio in tutte le cose, tipico dei gesuiti. Quindi, «se il gesuita cerca Dio in ogni cosa, non può che coltivare la facoltà di cercarlo anche in una cultura o in una situazione lontanissima da sé. Sono anche queste le “frontiere” e “periferie” di cui parla Bergoglio» (p. 14). Questo tratto della spiritualità ignaziana illumina l’agire di papa Francesco e fa comprendere come le parole che egli pronuncia o le azioni che compie si muovono nella duplice direzione da una parte, di suscitare empatia individuale, dall’altra di continuare a porre domande e interrogativi, che scuotano le coscienze. Questo perché i gesuiti – prosegue l’A., – «pongono problemi, più che risolverli» (p. 18). In questo senso si comprende allora il significato dell’espressione “pensiero incompleto”, un tratto tipico del ragionare di Francesco: è quel modo di pensare che è «combattimento continuo, è ricerca continua del senso. È enfasi della libertà, tensione incessante verso qualcosa che ancora non c’è e che si cerca: ecco l’incompleto, nel senso che il discorso non è chiuso» (ivi). Quello del papa gesuita quindi non è un pensiero statico, dogmatico, bensì è sempre aperto, invita al dialogo, al ragionamento, alla relazione interpersonale, perché la verità si cerca nella relazione, anche quando è conflitto e battaglia «tesa alla liberazione da ciò che porta desolazione, da ciò che opprime interiormente ed esteriormente, traguardando la giustizia» (p. 108).
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