Il Libro della Gioia

Dalai Lama, Desmond Tutu con Douglas Abrams
Garzanti, Milano 2016, pp. 326, € 12,90
Scheda di: 
Fascicolo: novembre 2017

«Cercavamo la verità della condizione umana e ci saremmo abbeverati alla fonte della saggezza, da qualunque parte provenisse» (p. 171).

Qual è il vero scopo della vita? Come vivere con gioia nonostante i dolori che l’esistenza ci riserva e far sì che essa diventi un modo di essere piuttosto che una sensazione fugace? Possiamo scegliere come reagire di fronte alla sofferenza? Qual è il ruolo della fede? Con queste domande si sono confrontati, per una settimana, due premi Nobel per la pace: il XIV Dalai Lama Tenzin Gyatso e l’arcivescovo del Sudafrica Desmond Tutu, in un incontro tenutosi a Dharamsala, in India, con la collaborazione di Douglas Abrams. Due leader morali legati da profonda amicizia che, con semplicità e umorismo, rivelano la propria umanità e ci lasciano una testimonianza concreta su come la sofferenza propria e altrui, se vista da una prospettiva più ampia, olistica, possa avere effetti positivi, sfruttando anche la nostra capacità di resilienza.

Gli AA., rappresentanti di tradizioni religiose e culturali diverse da quella europea, si rivolgono a un pubblico ampio, anche ai non credenti, promuovendo una “educazione universale” alla gioia attraverso i comuni valori umani della fiducia, della compassione (per chi soffre, ma anche per chi fa soffrire) e della generosità, nella convinzione che la gioia è un dono attraente e contagioso, ma è anche la ricompensa che si ottiene dal tentativo di rendere gioiosi gli altri.

La religione è importante ma da sola non basta, specialmente se è travisata a causa dell’intolleranza e del fanatismo. Da qui l’attenzione a un’educazione improntata ai principi della compassione, ai fondamenti dell’etica e all’impegno intellettuale sulla base delle scoperte scientifiche, del buon senso e della esperienza universale, che trasformi l’odierno sistema di educazione secolare, ritenuto materialista e poco improntato ai valori umani. Per affrontare i problemi dell’umanità c’è bisogno di una visione comune e di un profondo cambiamento: cambiare prospettiva sul mondo vuol dire cambiare anche il nostro modo di pensare e il nostro modo di agire, il che, a sua volta, cambia il mondo.

Il testo, ricco di riferimenti filosofici, scientifici e dottrinali, vuole mostrare che la natura umana è orientata inequivocabilmente alla bontà e all’interdipendenza con gli altri (secondo la filosofia di origine sudafricana ubuntu: una persona è tale solo tramite gli altri). A questo dovremmo tendere come individui e come collettività.


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