L’11 dicembre 2019 la nuova Commissione europea, presieduta da Ursula von der Leyen, ha inaugurato le proprie attività con l’adozione di una Comunicazione titolata Il Green Deal europeo (<https://ec.europa.eu/info/strategy/priorities-2019-2024/european-green-deal_it>), che ha avuto ampio risalto a tutti i livelli.
L’adozione di questo progetto era stata anticipata negli orientamenti politici della presidente von der Leyen, titolati Un’Unione più ambiziosa: il mio programma per l’Europa (<https://ec.europa.eu/commission/sites/beta-political/files/political-guidelines-next-commission_it.pdf>; cfr Riggio G., «La nuova Commissione europea», in Aggiornamenti Sociali, 10 [2019] 693-694).
A conferma della priorità di tale strategia, il 29 gennaio 2020 il Green Deal è stato dettagliato nel Programma di lavoro 2020 della Commissione europea. Questo ulteriore documento definisce gli atti che i Commissari presenteranno nel corso dell’anno per trasformare gli orientamenti politici in risultati tangibili per i cittadini, le imprese, i territori (<https://ec.europa.eu/info/publications/european-commission-work-programme_it>): nella tabella di marcia la transizione ecologica riveste un ruolo di primo piano.
La comunicazione Il Green Deal europeo sviluppa le proprie proposte operative a partire dai dati allarmanti relativi al clima e all’ambiente lanciati da una pluralità di studi, tra i quali il documento dell’Agenzia europea dell’ambiente titolato L’ambiente in Europa: stato e prospettive nel 2020. Relazione di sintesi (<www.eea.europa.eu/it/publications/l-ambiente-in-europa-stato-e-prospettive-2020>).
Sulla base di tali dati e sulla scia dell’Agenda 2030 dell’ONU per lo Sviluppo Sostenibile (cfr Simonato A., «Verso un’Europa sostenibile entro il 2030», in Aggiornamenti Sociali, 5 [2019] 428-429), il Green Deal europeo viene presentato come una nuova strategia di crescita, che ha l’obiettivo di trasformare l’UE in una comunità che nel 2050 non genererà emissioni nette di gas a effetto serra e in cui la crescita economica sarà dissociata da un uso non sostenibile delle risorse naturali.
Tale obiettivo è funzionale a proteggere, conservare e migliorare il capitale naturale dell’UE, la salute e il benessere dei cittadini, così come a preservare e ripristinare gli ecosistemi e la biodiversità, alla luce delle conseguenze derivanti dai cambiamenti climatici e da un ambiente compromesso dalla presenza di numerose sostanze tossiche. La transizione verde e sostenibile per il raggiungimento dell’obiettivo di un impatto climatico zero entro il 2050 non è una sfida uguale per tutti: perciò viene espressamente dato atto del fatto che, affinché tale cambiamento possa essere giusto e inclusivo, una particolare attenzione dovrà essere riservata alle regioni, alle imprese e ai lavoratori che dovranno affrontare i problemi maggiori.
La rilevanza e l’urgenza della transizione fanno sì che tutte le leve disponibili dovranno essere coinvolte, in modo coerente: regolamentazione, investimenti, innovazione, riforme, tassazione e prestazioni sociali, accordi commerciali, cooperazione internazionale. A tal fine, la Commissione intende riorientare anche il processo di coordinamento macroeconomico del semestre europeo.
L’obiettivo della neutralità climatica riguarda prioritariamente l’efficienza energetica: la produzione e l’uso dell’energia nei diversi settori economici rappresentano oltre il 75% delle emissioni di gas a effetto serra dell’UE. Per questo motivo, la transizione coinvolge tutti i settori: industria, edilizia, mobilità e trasporti, produzione e consumo, grandi infrastrutture, prodotti alimentari e agricoltura. Per ognuno di questi settori la Comunicazione precisa gli snodi che verranno affrontati, identifica le azioni concrete che verranno attuate, esplicita la tabella di marcia (sia nell’Allegato alla Comunicazione concernente il Green Deal europeo sia negli Allegati al Programma di lavoro 2020).
Il Green Deal comporta un ingente fabbisogno di investimenti: secondo le stime prudenziali della Commissione, per conseguire gli obiettivi 2030 in materia di clima ed energia serviranno investimenti supplementari dell’ordine di 260 miliardi di euro l’anno, equivalenti a circa l’1,5% del PIL 2018, il cui flusso dovrà essere mantenuto costante nel tempo. Il bilancio dell’UE avrà un ruolo importante, con i limiti già emersi in due anni di dibattito sul nuovo Quadro finanziario pluriennale 2021-2027. La Commissione presenterà un piano di ulteriori investimenti, per contribuire al fabbisogno supplementare, e collaborerà con la Banca europea per gli investimenti (BEI) e gli istituti nazionali per movimentare ulteriori risorse.
Il dibattito in corso ha già mostrato i possibili limiti delle iniziative programmate: le tempistiche e gli obiettivi consegnati dai report scientifici evidenziano la necessità di cambiamenti vigorosi per ogni anno a venire, al fine di contenere l’aumento delle temperature; le risorse da mobilitare dovranno essere consistenti e non sostituire i finanziamenti già previsti per soddisfare ulteriori necessità; le politiche economiche degli Stati membri dovranno avere adeguati spazi di manovra per favorire gli investimenti necessari alla transizione; le scelte richieste potrebbero essere in attrito con le disposizioni stringenti relative agli aiuti di Stato; i vari passaggi richiederanno vigilanza sui possibili vantaggi competitivi tra Stati (europei ed extra). Un’ultima importante preoccupazione riguarda la possibile ipertrofia legislativa, cioè l’adozione di una somma di documenti il cui impatto sulla vita delle istituzioni e dei cittadini potrebbe essere limitato o negativo (Simonato A., «Le iniziative dell’Unione per legiferare meglio», in Aggiornamenti Sociali, 8-9 [2018] 606-607).
Una sfida che richiede, quindi, una vigile presenza e partecipazione della società civile e di tutte le formazioni sociali, a partire dalle consultazioni pubbliche che verranno attivate dalla Commissione (<https://ec.europa.eu/clima/consultations/open-public-consultation-european-climate-pact-within-european-green-deal_it>).