Il futuro dell’alimentazione e dell’agricoltura

Fascicolo: aprile 2018

Il futuro dell’alimentazione e dell’agricoltura: così la Commissione europea ha scelto di intitolare la Comunicazione dello scorso 29 novembre 2017 (COM[2017] 713 final), in cui presenta una proposta in vista dell’imminente avvio dell’iter di riforma dei regolamenti che disciplineranno la Politica agricola comune (PAC) per il periodo 2021-2027.

Nella sua Comunicazione, la Commissione propone alla discussione, dopo averli rielaborati, i risultati di un’ampia consultazione pubblica (cfr Simonato A., «Cittadinanza e democrazia diretta», in Aggiornamenti Sociali, 5 [2017] 430-431) lanciata il 2 febbraio 2017, che ha ricevuto più di 320mila risposte, perlopiù da singoli cittadini. La consultazione, rimasta aperta per 3 mesi, ha mostrato che la maggioranza dei cittadini intervenuti ritiene importante mantenere un forte ruolo dell’Unione Europea (UE) nella politica agricola; allo stesso tempo ha evidenziato la necessità di semplificare la PAC e di concentrare gli sforzi su tre sfide chiave: la garanzia di un equo tenore di vita per gli agricoltori; la protezione dell’ambiente e della biodiversità; la lotta contro i cambiamenti climatici. Sullo sfondo è quindi confermata la convinzione che l’agricoltura e gli operatori del settore primario siano fondamentali per il raggiungimento di importanti traguardi sociali.

Tradizionalmente la politica agricola ha costituito uno dei cardini dell’azione della UE (cfr riquadro qui sotto).

Sessant’anni di Politica agricola comune (PAC)

L’evoluzione nel corso degli anni della Politica agricola comune (PAC) è un’importante chiave di lettura della storia della UE. La Comunità economica europea, istituita con i Trattati di Roma del 1957, affidò da subito un ruolo finanziario e strategico centrale alla PAC: l’agricoltura fu scelta come uno dei settori fondamentali attraverso i quali integrare gli Stati membri, prima economicamente e poi politicamente.

L’impostazione iniziale della PAC rispecchiava le necessità dell’epoca: accrescere la produttività agricola, al tempo insufficiente per soddisfare la domanda di cibo negli Stati membri; sostenere il comparto primario composto perlopiù da piccole aziende familiari; introdurre misure di salvaguardia contro la volatilità della produzione e dei prezzi; ridurre il forte divario tra il reddito del settore agricolo e quello di altri ambiti economici. La PAC ha concorso alla risoluzione di queste e altre criticità, ma non sono mancati vari effetti negativi; tra i quali vanno ricordati in particolare una situazione di produzione strutturalmente eccedente rispetto alla domanda e la degenerazione dell’ambiente rurale, danneggiato da tecniche e fattori produttivi sempre più impattanti.

I processi sociali ed economici all’interno e all’esterno della UE hanno imposto nel corso degli anni diversi cambiamenti alla PAC, che ne hanno modificato in profondità sia gli obiettivi, sia l’impatto finanziario sul bilancio comune europeo, sia le modalità operative, con il passaggio, ad esempio, dal sostegno ai prezzi al sostegno ai redditi e con l’introduzione di condizioni che collegano il sostegno alla produzione alla tutela di beni pubblici e al conseguimento di traguardi sociali (ambiente, clima, sostenibilità, …).


La necessità di riformarla si lega alla volontà di procedere verso un’agricoltura più sostenibile, ma è anche un tassello della complessiva ridefinizione del prossimo futuro delle istituzioni europee, che ha due tappe fondamentali nell’adozione del Quadro finanziario pluriennale (QFP) nel maggio 2018 e nelle elezioni del Parlamento europeo del prossimo anno.

Il Quadro finanziario pluriennale 2021-2027

Nelle istituzioni della UE e negli Stati membri è in corso un dibattito a 360° sul futuro comune, a partire da alcune domande: qual è il ruolo che la UE deve avere rispetto agli Stati membri? Quali sono le competenze che possono esprimere il maggior valore aggiunto europeo? Quali sono le risorse che gli Stati membri sono disponibili a garantire alla UE per svolgere tali competenze?

Le prime importanti risposte a tali quesiti arriveranno con la proposta di Quadro finanziario pluriennale (QFP) per i sette anni compresi tra il 2021 e il 2027, che sarà adottata a maggio 2018. Dopo la Brexit, il prossimo bilancio sarà finanziato dai restanti 27 Stati membri. In tale documento saranno assegnate le risorse sia per le competenze nuove (difesa comune, accoglienza e integrazione migranti), sia per quelle consolidate (tra le quali la PAC, le politiche di coesione, Erasmus, i programmi quadro di ricerca). L’allocazione delle risorse rappresenterà una risposta concreta agli interrogativi sul futuro dell’Unione e sarà oggetto di delicati e certamente complessi negoziati (Simonato A., «Il futuro delle finanze dell’Unione europea», in Aggiornamenti Sociali, 11 [2017] 780-781).



Nell’ultimo QFP, per il periodo 2014-2020, la PAC ha mobilitato circa 400 miliardi di euro su un totale di 959 miliardi. Tali risorse hanno finanziato i due pilastri della politica agricola: pagamenti diretti per il sostegno del reddito degli agricoltori (circa il 70% dell’importo complessivo), condizionati al rispetto di criteri di gestione obbligatori e di buone condizioni agronomiche e ambientali, e programmi di sviluppo rurale, che hanno finanziato investimenti per la competitività e la sostenibilità dell’agricoltura e delle economie delle zone rurali. Nel prossimo QFP, però, le risorse potrebbero essere significativamente ridotte: in tal caso si renderebbe necessario capire come garantire in modo efficace il raggiungimento dei medesimi obiettivi. La Commissione europea, nell’esercizio delle proprie competenze, ha presentato un proprio contributo sul tema alla riunione informale dei leader europei tenutasi il 23 febbraio 2018 (Un quadro finanziario pluriennale nuovo e moderno per un’Unione europea in grado di realizzare efficientemente le sue priorità post-2020, COM[2018] 98 final), in cui ha evidenziato gli effetti e le ricadute delle varie opzioni emerse finora sul nuovo QFP, prendendo in considerazione anche la situazione della PAC. Contestualmente alle riflessioni generali sulla UE e sul budget, nei prossimi mesi tutte le politiche di investimento della UE saranno oggetto di specifiche procedure legislative in cui saranno ridefiniti gli obiettivi prioritari e, quindi, gli strumenti e le procedure amministrative per raggiungerli nel periodo di programmazione 2021-2027.

La Comunicazione della Commissione si colloca in tale contesto e conferma i due pilastri della PAC e i loro obiettivi fondamentali: sostegno al reddito degli agricoltori, da rivedere rispetto alla configurazione attuale; protezione ambientale e azione per il clima, sulla scia dell’accordo di Parigi della COP21 e degli Obiettivi per lo sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite (Agenda 2030); rafforzamento del tessuto socioeconomico delle zone rurali, favorendo le nuove catene di valore come la bioeconomia e l’economia circolare (cfr Riggio G., «La strategia europea per la plastica in un’economia circolare», in Aggiornamenti Sociali, 3 [2018] 254-255); sostegno ai “piccoli comuni intelligenti”, cioè investimenti dal basso che promuovano il ruolo proattivo delle comunità rurali e delle autorità locali. Alcuni obiettivi già presenti nella programmazione attuale divengono prioritari: il ricambio generazionale, la sostenibilità (economica, ambientale e sociale), l’innovazione e la digitalizzazione.

Nuovo è l’approccio strategico proposto dalla Commissione, più semplice e flessibile. A livello europeo dovrebbero essere condivisi principalmente pochi obiettivi. Alla luce di questi, ogni Stato membro dovrà sviluppare un proprio programma strategico, motivando in quale modo intende raggiungerli. Le tipologie di investimenti da finanziare saranno quindi individuate dal livello di amministrazione più vicino ai territori e alle comunità e non elencati nei regolamenti; l’attenzione delle istituzioni europee sarà a sua volta concentrata sul monitoraggio dei progressi e sul raggiungimento dei risultati concreti.

Il futuro della PAC vede quindi in gioco molti valori tra di loro complementari e ingloba il tema della governance multilivello: la Commissione, nel rispetto dei principi di sussidiarietà e proporzionalità, propone che le istituzioni della UE intervengano solo per i profili che possano apportare un valore aggiunto comune. Un modello da guardare con attenzione, in cui l’unità di visione generale e la pluralità delle realtà istituzionali e sociali presenti nella UE potranno sperimentare una strada differente da quella passata per coesistere e non essere in competizione (cfr Riggio G., «“Noi europei”: un dato di fatto da realizzare», in Aggiornamenti Sociali, 1 [2018] 5-12).

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