Il caso ILVA a Strasburgo

Rosario Sapienza

La Corte europea dei diritti dell’uomo ha deciso il 24 gennaio di quest’anno nel caso Cordella e altri contro Repubblica Italiana, sui ricorsi con i quali 180 richiedenti hanno denunciato gli effetti delle emissioni nocive degli impianti siderurgici dell’Ilva di Taranto sull'ambiente e la loro salute e l’inadeguatezza delle misure di contrasto poste in essere dalle autorità pubbliche. 

I ricorsi mettevano in luce profili di contrasto con gli articoli 2 (diritto alla vita), 8 (che garantisce il diritto al rispetto della vita privata e familiare e che nella giurisprudenza della Corte viene utilizzato a presidio della libertà da qualunque forma di ingerenza e lesione nella sfera personale e privata dell’individuo), e 13 (diritto a un ricorso effettivo).

La Corte ha ritenuto di affrontare la questione solamente sotto i profili della violazione dell’articolo 8 e dell’articolo 13, decidendo che il prolungarsi di una situazione di inquinamento ambientale tale da mettere in pericolo la salute dei richiedenti e, più in generale, quella della popolazione residente in aree a rischio, abbia effettivamente violato l’articolo 8 della Convenzione. Ha inoltre giudicato inadeguate le misure di contrasto poste in essere dalle autorità italiane. 

Infine, la Corte ha riconosciuto che il fatto che i ricorrenti non abbiano beneficiato di un ricorso effettivo che avrebbe consentito loro di sollevare, dinanzi alle autorità nazionali, le loro denunce in merito, abbia costituito una violazione dell’articolo 13, stante l'impossibilità di ottenere misure che garantiscano il disinquinamento delle aree interessate.

La Corte ha però ritenuto che la constatazione di una violazione costituisse di per sé sufficiente equa soddisfazione per il danno non patrimoniale e ha così condannato  l'Italia a pagare, per costi e spese, 5.000 euro ad ogni ricorrente.

La decisione non pare esente da critiche. Seppure, infatti, è da considerare positivo il riconoscimento di un generale diritto alla salubrità dell’ambiente,  la Corte è apparsa troppo prudente nel suo approccio alla problematica del risarcimento del danno non patrimoniale. 

18 febbraio 2019
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