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I contenuti essenziali della L. n. 219/2017
La legge «tutela il diritto alla vita, alla salute, alla dignità e all’autodeterminazione della persona e stabilisce che nessun trattamento sanitario può essere iniziato o proseguito se privo del consenso libero e informato» (art. 1, c. 1), tranne i casi previsti dalla legge. Si promuove la relazione di cura e fiducia tra medico e paziente; il consenso informato è punto di articolazione tra autonomia del primo ed esercizio responsabile della professione del secondo, favorendo anche il coinvolgimento dell’insieme dell’équipe sanitaria e dei familiari. Accertamenti diagnostici e trattamenti sanitari possono essere rifiutati, inclusa la nutrizione e idratazione artificiali, «in quanto somministrazione, su prescrizione medica, di nutrienti mediante dispositivi medici» (art. 1, c. 5). Il medico è tenuto a rispettare la volontà espressa dal paziente, che però «non può esigere trattamenti sanitari contrari a norme di legge, alla deontologia professionale o alle buone pratiche clinico-assistenziali» (art. 1, c. 6). Ogni struttura sanitaria garantisce l’attuazione dei principi enunciati nella legge.
Il medico si impegna ad alleviare le sofferenze e il dolore, anche in caso di rifiuto di alcuni trattamenti; in caso di morte prossima deve evitare «ostinazione irragionevole» e trattamenti «sproporzionati» (art. 2, c. 2). È consentita la «sedazione palliativa profonda continua» (art. 2, c. 3).
Per quanto riguarda minori e incapaci, si terrà conto per quanto possibile della loro volontà da parte di genitori, tutore o amministratore di sostegno, sempre nell’intento di tutelare la salute, la vita e la dignità della persona. In caso di disaccordo si ricorre al giudice tutelare (art. 3).
In previsione di un eventuale stato di incapacità, acquisite adeguate informazioni mediche, il cittadino può esprimere la propria volontà in materia di trattamenti sanitari tramite le DAT e nominare un fiduciario. Il medico è tenuto a rispettarle, salvo il caso in cui risultino – in accordo con il fiduciario – «palesemente incongrue o non corrispondenti alla condizione clinica attuale del paziente» (art. 4, c. 5). Se l’accordo mancasse, si ricorre al giudice.
Nel corso di una patologia cronica invalidante, medico e paziente possono procedere a una pianificazione condivisa delle cure: una valutazione concordata in cui convergono competenza clinico-scientifica di chi cura e prospettive di valore della persona malata. Viene così superato il limite di una sola adesione iniziale alla proposta del medico (consenso informato) o di una stesura delle DAT sulla base di un’informazione astratta dalla situazione concreta di malattia e priva di un adeguato contesto relazionale. L’équipe sanitaria ha obbligo di attenersi a quanto stabilito (art. 5).
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