I cattolici e la politica oggi
Giuseppe Savagnone
Cittadella editrice, Assisi 2012, pp. 160, € 12,80
Secondo il filosofo Massimo Cacciari, il cristiano non potrà mai essere un impolitico. La fede stessa nell’Incarnazione costringe a tale verità (cfr la Repubblica, 26 aprile 2011). Come superare, allora, la situazione di “irrilevanza” e “afonia” dei cristiani nella «costruzione della pòlis» (p. 7)? Il Forum di Todi è stato un primo tentativo, ma, per non ripetere gli errori del passato, è necessario «un salutare esame di coscienza» (p. 9). Giuseppe Savagnone individua sette nodi problematici di natura culturale «che si frappongono fra l’immenso patrimonio potenziale» dei cattolici «e la sua traduzione in effettive scelte operative» (p. 13).
Il primo riguarda l’idea stessa del “politico”. I cattolici sono tanto attivi socialmente, quanto diffidenti verso la politica e lo Stato. La sussidiarietà e la distinzione fra pubblico e privato non devono oscurare la differenza fra “statale” e “politico”. Il rifiuto dello statalismo può portare a una prospettiva individualista e “im-politica” (p. 19).
Poi la domanda sull’identità cattolica e la laicità. È necessario passare «dalla dialettica Chiesa-Stato a quella credente-cittadino» per essere presenti in politica da cattolici in quanto cittadini (pp. 47-50). La questione investe l’autonomia dei laici in politica, la formazione delle coscienze e la capacità di dialogo. Da qui l’importanza di chiarire chi sono i soggetti politici nella Chiesa, alla luce dei documenti del Concilio.
Riguardo al fine dell’azione politica, la tradizione cattolica lo indica nel bene comune, inteso come «il passaggio dalla logica della mera coordinazione a quella della cooperazione» (p. 117). “Bene”, poi, indica la vita buona, «moralmente giusta e al tempo stesso felice […] della moltitudine riunita» (p. 119). Anche i “valori non negoziabili” non si possono esaurire in un elenco fisso, ma si riassumono in uno: la dignità della persona nella sua interezza. Tutti i protagonisti del dibattito pubblico – non solo cattolici – hanno principi dai quali non si vuole derogare. Il problema è la «loro traduzione legislativa, che non può avvenire se non con un ragionevole bilanciamento tra le diverse posizioni, senza mai rinunziare all’ideale-limite della loro armonizzazione» (p. 97).
Che fare? Di certo «le battaglie decisive si giocano nella sfera pre-politica» (p. 130), cioè nella formazione: prima di creare nuove formazioni partitiche, «il compito che s’impone è di rigenerare un terreno culturale, etico e spirituale condiviso, su cui costruire gradualmente una convergenza che riguardi anche l’interpretazione delle situazioni concrete e l’impegno per il bene comune» (p. 134).
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