I cantieri che si aprono dopo il voto

Ormai conosciamo bene i risultati delle elezioni politiche del 25 settembre. Sappiamo chi le ha vinte (la coalizione di centrodestra certo, ma soprattutto Fratelli d’Italia, un partito nato dieci anni fa che si colloca decisamente nel campo della destra sociale); chi ha portato a casa un risultato inaspettato fino a qualche settimana prima del voto (il Movimento5Stelle e Forza Italia); chi ne è uscito ridimensionato rispetto alle sue previsioni (Terzo polo, che tale di fatto non è, pur avendo ottenuto un discreto risultato), chi ha subito una sconfitta secca (Partito democratico e Lega di Salvini). E l’attesa e temuta crescita dell’astensionismo si è effettivamente concretizzata, dato che un elettore su tre non si è recato alle urne. Il quadro si presenta chiaro e proprio per questo è facile individuare alcuni cantieri, importanti e dagli esiti non scontati, che si aprono ora.

 

Il primo riguarda proprio la prossima maggioranza. Perché, visti i risultati, non ci sono dubbi su quale sarà la maggioranza che esprimerà il nuovo Governo. Meno scontata è però la fisionomia che avrà. Quali azioni verranno inserite nel programma che sarà presentato alle Camere? E con quale priorità? Come verranno distribuite le responsabilità dei vari ministeri tra i partiti della coalizione di centrodestra? Quali figure politiche ne faranno parte e in quali ruoli? Vi saranno personalità esterne ai partiti della coalizione? È evidente l’importanza di queste decisioni, che daranno maggiori indicazioni sull’indirizzo politico dei prossimi anni espresso dal Governo più a destra nella storia repubblicana, con la presenza per la prima volta – e con un rilievo determinante – di una forza politica che si richiama, anche nel simbolo, all’eredità del Movimento sociale italiano. Si tratta di novità importanti, salutate ovviamente con favore o preoccupazione secondo la propria collocazione politica, che comporteranno cambiamenti in tanti campi, a partire ad esempio dalla posizione politica dell’Italia all’interno dell’Unione Europea, alle scelte sull’assetto istituzionale (elezione diretta del Presidente della Repubblica, federalismo) o alla maniera di concepire le politiche migratorie, sbilanciate verso la sicurezza più che verso l’integrazione. La formazione del nuovo Governo sarà anche il primo banco di prova per una coalizione che già durante la campagna elettorale ha mostrato al suo interno differenze di posizioni su temi rilevanti. Questa pluralità di visioni non rappresenta un problema (tutt’altro!), se il confronto e la capacità di mediazione prevalgono sulla logica del braccio di ferro finalizzato alla visibilità del proprio partito, che invece si è spesso imposta nel recente passato, traducendosi nella fragilità di coalizioni pensate più per vincere le elezioni che per governare e incapaci di esprimere una visione politica complessiva e organica per il bene del Paese.

Di fronte a una novità politica di questa portata – e per il bene della democrazia – diventa allora fondamentale il ruolo dei partiti usciti sconfitti dalle urne. Anche per loro i prossimi mesi saranno segnati da cantieri importanti. Per alcuni si tratterà di individuare una nuova leadership e un nuovo corso della loro azione politica; per tutti sarà fondamentale capire in che modo esercitare il proprio essenziale compito di opposizione all’interno del Parlamento e nella società. Dovranno fare i conti con la novità del ridotto numero di parlamentari, che cambierà il modo in cui si svolgono i lavori nelle commissioni e in aula e ha già comportato una modifica del regolamento del Senato (in attesa che avvenga lo stesso anche alla Camera dei Deputati). Ma il lavoro dell’opposizione non si esaurisce nelle aule parlamentari, perché prosegue (o almeno così dovrebbe essere) nel Paese. L’ascolto dei bisogni e dei disagi espressi dai vari territori, dal Nord al Sud, dai centri cittadini alle zone più periferiche, è il modo attraverso cui l’opposizione può essere radicata e concreta anche nelle battaglie da portare avanti in Parlamento.

 

D’altronde, questo compito di ascolto tocca anche alle forze della maggioranza e ha un rilievo importante, vista l’enorme crescita dell’astensionismo (+9% rispetto alle elezioni del 2018) e la perdita di consensi raccolti dai maggiori partiti al di fuori di Fratelli d’Italia (M5S, Lega e Forza Italia hanno visto dimezzare il numero di voti ricevuti rispetto al 2018, il PD ha perso quasi un milione di voti).

 

Se nell’interpretare il proprio ruolo di maggioranza o di opposizione le forze politiche sapranno agire con serietà, concretezza e senso di responsabilità, chissà che non si realizzi anche una svolta sul fronte dell’astensionismo (quasi diciassette milioni di italiani non hanno votato in queste elezioni). Chissà che non si riavvicinino alla politica e alla partecipazione quei cittadini che disertano il voto perché arrabbiati o disillusi, perché non hanno più speranza nella classe dirigente del Paese o perché pensano che non cambia nulla indipendentemente da chi è al governo. Un passo concreto nel riavvicinare politica e società sarebbe, ad esempio, approvare una legge che consenta ai cinque milioni di cittadini, per lo più giovani, che vivono al di fuori del proprio Comune di residenza di votare anche a distanza, come già accade per i cittadini residenti all’estero. Sarebbe un modo per salvaguardare il diritto al voto sancito in Costituzione e prendere atto della realtà, riconoscendo la forte mobilità per ragioni di studio e di lavoro che attualmente c’è nel nostro Paese, non sempre frutto di una scelta libera, vista la diversità di opportunità che esistono all’interno del territorio nazionale. Sempre nella prospettiva di ascoltare la realtà in cui viviamo, c’è un altro passo che non può più essere rinviato: i giovani di seconda generazione, nati o cresciuti in Italia, sono oltre un milione, studiano a scuola o all’università, lavorano, fanno volontariato, rappresentano una risorsa enorme per il nostro Paese, ma non sono appieno parte della comunità nazionale. Ragioni di giustizia e considerazioni più prosaiche di carattere economico e sociale spingono perché una scelta su una nuova legge sulla cittadinanza non sia ancora rinviata a causa di battaglie ideologiche.

 

Tra tutti, far rinascere l’attenzione e la passione per la politica è il cantiere più decisivo, perché tante energie e risorse, idee e proposte che al momento non hanno uno spazio nelle istituzioni possano essere recuperate e valorizzate. È un compito che tocca direttamente i partiti, ma non solo. Sono già numerose le realtà della società civile di varia ispirazione, non ultime quelle cristiane, impegnate in questa direzione, ma i risultati di queste elezioni invitano a uno sforzo rinnovato, allargando i campi in cui si opera, collaborando di più, mettendo in gioco una maggiore creatività per rispondere in modo adeguato alle sfide presenti nella società a livello nazionale e internazionale.

 

28 settembre 2022
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