Tutte le 8 vittime italiane della tragedia del Boeing dell'Ethiopian Airlines, costata la vita a 157 persone, erano impegnate, in vari modi, nell'ambito della cooperazione allo sviluppo. Così, in queste ore di commozione e di dolore, si riaccendono i riflettori mediatici su un mondo, quello della solidarietà internazionale, in cui sono silenziosamente impegnati molti nostri connazionali, con la propria professionalità e la propria passione. Per esplorare le opinioni degli italiani in materia, il Magis (l'Ong dei gesuiti) ha commissionato a fine 2018 un'indagine al Censis. La sintesi dei risultati è pubblicata nel numero di marzo di Aggiornamenti Sociali. Di seguito la parte iniziale dell'articolo, firmato da Teodora Larocca.
La cooperazione allo sviluppo da parte dei Paesi occidentali e delle istituzioni internazionali a sostegno delle aree più povere del mondo sta attraversando una fase di rinnovata attenzione a livello politico, ma anche una certa fragilità per il modo in cui è percepita e valutata da parte dell’opinione pubblica. Per approfondire la situazione in Italia, il Magis (Movimento e azione dei gesuiti italiani per lo sviluppo), che coordina le attività missionarie e di cooperazione della Provincia Euro-Mediterranea, ha realizzato un’indagine in collaborazione con il Censis ponendo una serie di domande agli italiani sul senso e le finalità riconosciute alla cooperazione allo sviluppo.
Il sondaggio si inserisce in un’indagine più ampia del Censis sui valori degli italiani e il questionario è stato rivolto a un campione di cittadini italiani, uomini e donne, dai 18 anni agli over 64, di mille unità (ossia mille interviste andate a buon fine); le risposte sono state raccolte mediante interviste web e telefoniche.
È giusto aiutare i Paesi poveri?
La prima e fondamentale domanda che è stata rivolta agli intervistati riguarda la loro valutazione sull’impegno missionario e in generale sugli sforzi per aiutare i Paesi del Sud del mondo. Le risposte raccolte sembrano dare un’indicazione molto precisa: oltre il 76% degli italiani ritiene che sia giusto ascoltare la richiesta di aiuto che arriva da quelle aree del mondo.
Ancora più significativo è il dato sulla motivazione di questa opinione: il 44,2% degli italiani pensa che sia giusto in quanto nostro dovere, come Paesi più ricchi, aiutare i Paesi più poveri. Minore invece la percentuale di coloro che hanno un atteggiamento che potremmo definire “utilitaristico”: il 32,4% ritiene che l’intervento nelle aree del mondo più povere debba avere una finalità di contenimento dei flussi migratori. Infine, sono una netta minoranza, meno del 25%, coloro che non ritengono giusto occuparsi dei Paesi poveri, la maggior parte di questi, circa il 20%, ritiene che sia sbagliato perché prima è necessario aiutare gli italiani bisognosi. A questo proposito è significativo che questa percentuale sale al 24% presso chi dichiara di avere un reddito inferiore ai 1.500 euro: una percentuale leggermente superiore al dato complessivo, ma comunque minoritaria rispetto a quanti ritengono giusto impegnarsi nella cooperazione allo sviluppo.
Un ulteriore elemento interessante si ricava dall’incrocio tra le risposte date e l’età dei rispondenti: ne risulta, infatti, che il senso di giustizia sia più forte tra i più giovani e si affievolisca con il progredire degli anni.
Attraverso la ricerca si è sondato anche quali priorità gli italiani individuano per le aree di intervento. Il 76,7% degli italiani si schiera senza esitazioni a favore dei Paesi più bisognosi, mentre solo il 14,9% fa propria in qualche modo una dimensione utilitaristica e pensa che sarebbe preferibile intervenire in quei Paesi da cui provengono i profughi e i migranti che sbarcano sulle nostre coste.
Vale la pena sottolineare che queste percentuali sono pressoché identiche in tutte le aree geografiche del nostro Paese, quindi le varie emergenze legate agli sbarchi non influenzano più di tanto il giudizio di chi ha preso parte alla ricerca.