Generazione app

La testa dei giovani e il nuovo mondo digitale

Howard Gardner – Katie Davis
Feltrinelli, Milano 2014, pp. 224, € 18
Scheda di: 
Fascicolo: marzo 2015
«La nostra tesi è che i giovani di quest’epoca non solo sono immersi nelle app, ma sono giunti a vedere il mondo come un insieme di app e le loro stesse vite come una serie ordinata di app – o forse, in molti casi, come un’unica app che funziona dalla culla alla tomba» (pp. 18-19). Una visione estrema o digital dipendente quella elaborata da Howard Gardner e Katie Davis nel volume che porta già nel titolo la sintesi della loro tesi? Tutt’altro. Leggendo le pagine di Generazione App si assiste a una descrizione precisa di una scena che conosciamo, che abbiamo sempre davanti agli occhi, ma che finora non abbiamo focalizzato a dovere. E alla fine ne traiamo delle utili conclusioni per analizzare le nostre abitudini in fatto di web, oltre che per comprendere quelle delle ultime generazioni ritenute, spesso anche a torto, web-dipendenti.

Il libro è il risultato di uno studio che coinvolge soggetti appartenenti a generazioni diverse: dall’era pre-smartphone all’attuale inflazione da tablet, applicazioni e social media. L’uso delle app, che nell’ultimo triennio ha conosciuto un’impennata, viene presentato come ultima frontiera dello studio sulle abitudini dei giovani, un mezzo innovativo al servizio di psicologi ed educatori. La consuetudine nell’utilizzo o meno di alcune app fornirebbe un quadro psicologico decisamente attendibile dei soggetti presi in esame. Insomma, la tecnologia si mette al servizio della psicologia o, meglio ancora, le app al servizio della ricerca sociologica.

Gli A. individuano tre aspetti della vita dei giovani influenzati dalla tecnologia digitale: il senso d’identità, la capacità di avere relazioni intime e le facoltà d’immaginazione, le cosiddette “tre I”. Riflettono poi sugli effetti che una “app-coscienza” può avere su altri aspetti della vita di oggi avvalendosi dell’aiuto della sorella diciottenne di Davis e del nipotino seienne di Gardner, oltre che del lavoro di gruppi di ricerca universitari di Harvard e del risultato di numerose interviste a blogger e utilizzatori di social. Quello che emerge dalla raccolta nutrita di tutti questi dati parrebbe a prima vista paradossale: se da una parte la funzione originaria della tecnologia consiste nel far guadagnare tempo alle persone per potersi permettere momenti di libertà, i modi in cui di solito vengono usate le app portano a individuare la dipendenza da esse. Le app si trasformano in una sorta di schiavitù tecnologica? Non è così. La Generazione app di Gardner e Davis può liberamente decidere di svincolarsi dal mondo digitale e migliorare le proprie sfere d’identità, intimità e immaginazione. Le app rendono le “tre I” obiettivi con la lettera maiuscola, a patto che minuscola rimanga la sottomissione a esse dei loro giovani (e non) fruitori.


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