Negli ultimi due decenni la Cina ha acquisito nella scena internazionale un ruolo sempre più determinante dal punto di vista sia economico, divenendo di fatto una potenza mondiale, sia geopolitico, affermando il suo peso fondamentale negli equilibri internazionali. Il Paese è cresciuto anche a livello interno: lo dimostrano il diffuso miglioramento delle condizioni di vita dei cittadini e il rapido sviluppo tecnologico e infrastrutturale, che nell’arco di pochi anni ha rivoluzionato panorami rurali e urbani, in particolare delle zone costiere. Tuttavia, la rapida ascesa della Cina e del suo attuale leader, Xi Jinping, ha destato non solo l’ammirazione, ma soprattutto i timori e le preoccupazioni degli osservatori occidentali.
Ignazio Musu, professore emerito di Economia politica all’Università Ca’ Foscari, si sofferma a riflettere su questi cambiamenti in Eredi di Mao. Come preannuncia il titolo, il libro prende le mosse dalla narrazione del passato recente per cercare di comprendere la complessa situazione cinese e prospettare possibili scenari futuri per la Cina e il suo ruolo nel panorama globale. L’A. parte dal presupposto «che la Cina non sarebbe arrivata al punto in cui è giunta quando Xi Jinping ha preso il potere senza i precedenti trentacinque anni di riforme economiche» (p. 5). Nel primo capitolo il lettore è perciò accompagnato in un excursus storico sintetico, ma sistematico, delle riforme che hanno avviato la riapertura del Paese a partire dal 1980. In quell’anno, Deng Xiaoping e l’allora primo ministro Zhao Ziyang si posero l’ambizioso obiettivo di avviare la modernizzazione della Cina, senza tuttavia mettere in discussione l’impianto socialista dello Stato. I due pilastri fondamentali di questa sfida – la gradualità e il mantenimento del ruolo centrale del Partito comunista cinese – hanno guidato varie misure, come il “sistema di responsabilità familiare”, che ha permesso alle famiglie di dedicarsi ad attività non agricole, favorendo la nascita delle “imprese di città e di villaggio” possedute formalmente dai governi locali, ma attraverso le quali
«[g]li elementi di mercato venivano gradualmente introdotti senza essere interpretati come abbandono del socialismo a favore del capitalismo» (p. 12). Un altro esempio è costituito dall’istituzione delle “Zone economiche speciali”, fondate nelle città costiere perché diventassero occasione di graduale e controllata apertura «all’apporto esterno di capitali, tecnologie ed energie imprenditoriali» (p. 13). Tuttavia, le prime tre fasi delle riforme, pur portando a una rapida e stabile crescita del Paese, hanno generato notevoli squilibri strutturali e sociali, che soltanto i successori Hu Jintao e Wen Jiabao (2003-2013) hanno iniziato ad affrontare.
La sfida di portare avanti la modernizzazione, affrontando tali gravi squilibri, è stata ereditata nel 2013 da Xi Jinping. Egli, dotato di maggiore carisma e lungimiranza rispetto ai suoi predecessori, ha compreso che per la riuscita del suo progetto fosse necessario rifondare in Cina un sistema di valori in grado di coinvolgere la popolazione. Il suo pensiero fa da un lato riferimento al marxismo non tanto come ideologia, ma come linguaggio che «si pone in continuità, e non in contrapposizione, con ciò che è stato fatto dal Pcc da quando in Cina ha trionfato la rivoluzione maoista» (p. 40); d’altro canto ritorna al confucianesimo, riaffermando l’importanza della tradizione culturale cinese, in quanto «radice dell’eredità e dello sviluppo di un Paese e di una nazione» (p. 42). D’altronde la popolazione appare davvero coinvolta e dimostra piena consapevolezza di essere parte di questo grande “sogno cinese”, a livello sia emotivo – in termini di orgoglio ed emozione nel percepire un così grande e rapido sviluppo rispetto alle condizioni del decennio precedente – sia “strumentale”, nel senso che i cinesi sono consapevoli di essere, con il loro lavoro, dipendente o autonomo, un effettivo “strumento” per lo sviluppo nelle mani del loro Governo. Xi Jinping continua, quindi, a guidare il Paese verso la modernizzazione, basandosi «su un progetto complessivo per la società cinese che, prima di essere economico, è sociale, politico e geopolitico, ma che ha anche l’ambizione di essere addirittura culturale ed etico» (p. 45). Tuttavia, l’ambizioso progetto non è privo di insidie: oggi Xi Jinping e la Cina si trovano di fronte a nuove e vecchie sfide di tipo economico-strutturale, sociale, territoriale, ambientale e internazionale. L’A. le analizza molto bene, partendo dalle possibili cause.
L’economia cinese ha vissuto negli ultimi decenni forti trasformazioni accompagnate da un grande sviluppo soprattutto a livello tecnologico, basti pensare a colossi della tecnologia come Alibaba e Lenovo. Tuttavia, essa è ancora schiava dell’ambigua relazione tra Stato e mercato che esiste in Cina: le imprese di proprietà statale «mantengono una rilevanza determinante perché continuano a dominare tutti i settori ad alta intensità di capitale» (p. 86), ma presentano numerose inefficienze dovute alla possibilità di potersi indebitare facilmente; inoltre anche le imprese private sono costantemente controllate dal Governo e quindi dal Partito. L’A. individua, poi, due pericoli principali per la stabilità dell’economia cinese e la sostenibilità del suo modello di crescita economica: lo scoppio di una bolla immobiliare e, soprattutto, «il rischio derivante da un eccessivo indebitamento prevalente nel sistema economico che potrebbe portare a una crisi finanziaria» (p. 114). Se il primo punto potrebbe non sfociare in esiti drammatici, il problema dell’eccessivo indebitamento è reale. Tuttavia per Xi Jinping la soluzione non consiste in una riduzione dell’indebitamento, bensì in una sua ristrutturazione, volta a ridurre sprechi e inefficienze, ovvero in una riforma del sistema finanziario.
Alle sfide economiche si accompagnano quelle pressanti di tipo sociale: sono necessarie azioni per risolvere il dualismo tra zone rurali e urbane e tra zone interne e costiere. A ciò si aggiunge la necessità di porre maggiore impegno nel miglioramento del welfare, in particolare, a fronte del rapido invecchiamento, del sistema pensionistico e del sistema sanitario. Quanto alla sicurezza ambientale, sebbene i cieli delle maggiori aree industriali cinesi siano ancora densi di smog, l’A. riconosce a Xi di muoversi nella giusta direzione, seguendo la strada tracciata da Hu Jintao.
Nel contesto internazionale, Xi Jinping insiste sempre più sull’importanza della Cina a livello geopolitico e culturale, oltre che economico. Le sue dichiarazioni sembrano avere un tono cooperativistico ed «emerge la volontà cinese di contribuire in modo non egemone a un futuro di pace e collaborazione internazionale» (p. 146). Tuttavia, le numerose iniziative di Xi, come la One Belt and One Road Initiative – anche nota come la nuova Via della seta – fanno dubitare dei suoi intenti. La Cina è riuscita a instaurare buone relazioni, soprattutto di tipo economico, con alcuni Paesi, ma restano tesi i rapporti con molti altri attori, sia asiatici sia occidentali. Tuttavia, come avverte lo stesso A., ogni considerazione odierna sulla Cina può essere soltanto provvisoria: infatti, soprattutto le sue relazioni internazionali sono in costante divenire, come dimostrano le vicende della guerra dei dazi intrapresa da Cina e Stati Uniti nell’ultimo periodo.
Consapevole della complessità della situazione cinese appena presentata, che dovrebbe scoraggiare previsioni troppo drastiche, l’A. conclude proponendo alcuni possibili scenari per il futuro della Cina. A livello interno, l’indiscutibile crescita economica cinese potrebbe essere minata dalle incertezze esposte lungo tutto il volume: il fallimento o il successo della missione di Xi dipenderanno dalla sua capacità di affrontarle. A livello internazionale invece il ruolo egemonico cinese è destinato a crescere inevitabilmente sul piano economico e tecnologico, ma difficilmente sul piano politico, poiché è improbabile che le democrazie occidentali prenderanno come esempio il modello cinese. Tuttavia è innegabile l’emergere a livello geopolitico del continente asiatico come nuovo attore globale, all’interno del quale è evidente il prevalere della Cina. In un simile contesto l’A. ritiene auspicabile che l’Unione Europea superi la sua frammentarietà e avvii una collaborazione con la Cina, indispensabile a tutelare la propria forza economica.
Nonostante il rapido mutare della situazione cinese contemporanea, questo volume costituisce uno strumento molto utile, perché in grado di fornire, anche ai non addetti ai lavori, tutti gli elementi culturali e storici per capire le attuali e future complessità della Cina. L’A., insieme agli aspetti positivi della crescita cinese, non manca di sottolinearne le criticità, soprattutto legate all’ancora ambiguo rapporto tra mercato e intervento pubblico. Tuttavia lo fa quasi solo sotto il profilo economico, tralasciando quasi completamente le problematicità di carattere etico che derivano in particolare dall’inarrestabile sviluppo tecnologico: i finanziamenti statali a imprese sia pubbliche sia private del settore tecnologico comportano, infatti, il rischio che lo Stato si impadronisca di nuovi mezzi molto efficaci per il controllo e monitoraggio non solo della pubblica sicurezza, ma soprattutto della vita privata dei cittadini.