Il tema dell’accesso all’energia e, in particolare, all’energia pulita è uno
dei più rilevanti del nostro tempo. L’Obiettivo 7 dei Sustainable Development
Goals (SDG) delle Nazioni Unite è infatti «assicurare a chiunque
l’accesso a sistemi di energia alla portata di tutti, affidabili, sostenibili e
moderni». Si tratta di una sfida che tocca in particolare i Paesi, i territori e
gli strati sociali meno abbienti, per i quali l’accesso in misura adeguata all’energia
può segnare la soglia di una vita dignitosa. Anche in Italia, molte
persone sono ancora in situazione di povertà energetica, definita come
«difficoltà di acquistare un paniere minimo di beni e servizi energetici o,
in alternativa, un accesso ai servizi energetici che implica una distrazione
di risorse, in termini di spesa o di reddito, superiore a un valore normale»1.
Problema globale, di grande rilevanza nei Paesi in via di sviluppo, la
povertà energetica affligge anche le economie avanzate, nelle quali un
numero rilevante di famiglie, pur avendo accesso alle reti energetiche,
non può permettersi di consumare l’energia sufficiente per provvedere,
ad esempio, al riscaldamento o al raffrescamento della propria abitazione.
Tutto ciò ha un impatto evidentemente negativo sulla qualità di vita
delle persone.
La povertà energetica dei nuclei familiari è oggetto di crescente attenzione,
attraverso studi e ricerche effettuati anche da appositi osservatori nazionali
ed europei. Invece, una problematica poco approfondita riguarda
il rapporto tra la povertà energetica e gli enti del Terzo settore.
Questa relazione merita interesse per varie ragioni, a partire dal fatto
che molte persone in difficoltà accedono ad ambienti in uso o in proprietà
di enti senza fini di lucro, quali mense dei poveri, case di accoglienza e
residenze protette; inoltre, gli enti del Terzo settore hanno un rapporto di
prossimità con i poveri e quindi possono conoscere da vicino le situazioni
quotidiane di disagio, incluse quelle legate alla povertà energetica [continua]
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