Non è facile classificare questo agile e chiaro volume, che a uno sguardo veloce appare una sorta di libello di chi non nasconde la sua passione per l’educare. Ma a una lettura più attenta si rivela uno studio profondo, che con logica stringente contesta e smonta le visioni apocalittiche che oggi dipingono l’azione educativa come una battaglia persa. L’A., invece, ci invita a guardare con fiducia e speranza la sfida educativa: «c’è un gran bisogno di educazione, ma il discernimento è fondamentale, per capire ciò che fa crescere e ciò che invece lo impedisce. E poi l’educazione non è mai un processo compiuto, può avere un carattere reversibile, ma non c’è una generazione che educa un’altra per tutta la vita, il rapporto adulti-giovani è quasi sempre biunivoco (per i molti stimoli che le nuove generazioni offrono alle altre); inoltre, qualcuno per crescere ha dovuto rigettare l’educazione ricevuta, e forse è riuscito a farlo proprio perché lo scontro con la rigidità l’ha reso maturo e autonomo. Insomma, in tema di educazione le certezze non sono di casa. Proprio perché la vita è fluida, diversa da caso a caso, ricca di sfaccettature, non comprimibile in schemi prefissati. Ecco la sfida e il fascino dell’educazione» (p. 27).
Dopo aver passato in rassegna il triangolo giovani-famiglia-scuola (cap. III, IV, V), Garelli denuncia l’emergere di un paradosso: tanto più monta l’immagine negativa sui giovani, sulla fragilità e il disorientamento delle famiglie, sul naufragio della scuola, tanto più aumenta il rischio del disimpegno degli adulti. È necessario valutare con realismo l’odierno stato dell’educazione che pur non essendo dei migliori non è poi così problematico e, analizzate e risolte alcune criticità, definire la possibilità dell’educare oggi: come trasmettere ed educare in una società plurale? Sicuramente non basta una concezione neutra dell’educazione e nemmeno una visione soltanto tecnica, è necessario e possibile «coltivare un’idea più impegnativa di educazione, incentrata su un progetto, su alcuni valori che tutti possono condividere, su un dover essere che richiami le nuove generazioni a prospettive più ampie» (p. 132). Centrale è la figura dell’adulto, cioè di adulti autorevoli nella dinamica educativa, capaci di «interpretare l’esistenza in modo interessante, in grado di permeare il loro intorno immediato delle qualità di relazionali, culturali, affettive che li caratterizzano» (p. 152). Adulti che siano tali non solo dal punto di vista anagrafico, ma anche umano. «Nel rapporto con i giovani, dunque, gli adulti sono attesi da una doppia sfida: non soltanto nei confronti delle loro responsabilità educative (di come cioè si rapportano a quanti si stanno aprendo alla vita e alla società), ma anche soprattutto verso se stessi, verso il modello di realizzazione che sono in grado di esprimere» (p. 153).