Economia a colori

Andrea Segrè
Einaudi, Torino 2012, pp. 123, € 10
Scheda di: 
Fascicolo: marzo 2013

«Di che economia avremmo bisogno per uscire dalla crisi?» (p. 4). Prima di rispondere a questa domanda, Andrea Segrè, preside della Facoltà di Agraria dell’Università di Bologna, attinge alla tavolozza dei colori ed elenca le caratteristiche dell’economia rossa, marrone, grigia, nera, bianca, gialla, verde, verdastra, blu, trasparente e arcobaleno. Il più delle volte si tratta di opposti e di contrari, come l’economia verde (green economy) e quella verdastra (cioè del greenwashing, dove il verde è solo apparente); altre volte invece sono sfumature di realtà molto vicine tra loro, come l’economia marrone (dei rifiuti) e quella nera (del sommerso).

L’A. prosegue declinando l’economia con aggettivi (dalla capitalista alla briosa, anagramma di sobria, passando, tra le altre, per la sociale e la lenta) e sostantivi. È in quest’ultima operazione che inizia a prendere forma un tipo di economia inserita nell’ecologia, una ecologia economica, fatta di sobrietà, frugalità, parsimonia, moderazione, semplicità, oculatezza, saggezza; «l’economia dei contrari dello spreco» (p. 74). Entra qui in gioco un’altra caratteristica: il recupero sostenibile delle eccedenze a fini solidali. L’esempio portato nel testo è quello alimentare svolto da Last Minute Market (www.lastminutemarket.it), di cui l’A è presidente. Così la «sufficienza diventa un valore positivo, praticabile, necessario: l’eco-efficienza diventa eco-sufficienza. La differenza può essere sottile, si tratta “solo” di definire il fine, e sostituire la nozione di limite a quella di scarsità e di abbondanza» (p. 78).

Per costruire un nuovo paradigma economico occorre che la politica svolga un ruolo fondamentale, riappropriandosi di due elementi: «la visione di un futuro diverso e una strategia di ampio respiro, dove i costi di medio periodo (sacrifici) saranno compensati nel lungo periodo dai benefici. E allora, in attesa che venga la buona politica, l’economia a colori potrà fare qualcosa di buono. Vendere speranza» (p. 111).

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