La canadese Kate Beaton è oggi
un’affermata autrice di graphic
novel, ma nel 2005 era una giovane
appena laureata in arte con
scarse prospettive di lavoro nel
suo settore e nella sua città, Capo
Bretone nella Nuova Scozia. In più,
aveva una certa urgenza di trovare
un lavoro per restituire il prestito
ricevuto per frequentare l’università.
È da qui che prende le mosse la
narrazione di Ducks. Due anni nelle
sabbie bituminose, un’opera che è
al contempo un racconto autobiografico
e una descrizione attenta
delle contraddizioni del Canada.
A ventuno anni Kate decide di
emigrare per lavorare, seguendo le
orme di tante altre persone della
sua zona, familiari, amici, conoscenti.
D’altronde, come riporta
l’A. nella tavola in cui descrive un
colloquio di orientamento, «l’unico
messaggio che ci veniva ripetuto
era che, per avere un futuro migliore,
dovevamo andarcene da
casa. E non lo mettevamo in dubbio,
dato che eravamo nella regione
svantaggiata di una provincia
disagiata» (p. 10). La destinazione
scelta è lo Stato dell’Alberta, la terra
promessa di quegli anni grazie
al settore delle sabbie bituminose,
che assicurava lavoro e una buona
paga.
Tra il 2005 e il 2008, con alcuni
periodi di interruzione, l’A. ha lavorato
per più società, svolgendo
varie mansioni, e trasferendosi di volta in volta da un luogo all’altro,
vivendo anche per un periodo in
un campo a Long Lake, cioè in un
sito produttivo che offre anche gli
alloggi ai lavoratori. La successione
dei capitoli del libro è scandita
proprio dai nomi dei luoghi in
cui Kate vive e lavora ed è introdotta
da una pagina in cui sono
presentate le persone con cui è in
relazione, essenzialmente colleghi
di lavoro, in larga maggioranza
uomini. Perché Kate si trova in
un ambiente lavorativo in cui gli
uomini sono cinquanta volte più
delle donne, in un contesto che
finisce con oggettivarle ed esporle
a varie forme di soprusi e abusi,
come quando si rende conto che
i suoi colleghi facevano la fila per
andare all’attrezzeria dove lavorava,
giusto per fissarla e parlare del
suo corpo.
Nel corso della narrazione, con
molta delicatezza, sono anche
descritti i due episodi di violenza
sessuale che Kate ha subito, il senso
di colpa che l’ha accompagnata
a lungo e l’aiuto che ha ricevuto
per affrontare il passato. Nella
postfazione al libro, l’A. riconosce
che aveva «molto timore della
sensazionalizzazione della mia
narrazione perché contiene violenza
sessuale. La cosa triste, in
realtà, è che gli abusi sessuali di
ogni tipo sono troppo comuni
ovunque, per essere sensazionali»
(p. 434). Per questo, rompere il
muro di omertà diventa così difficile.
Un filo conduttore del libro
è proprio questo continuo confronto
della protagonista con lo
sguardo altrui, nella ricerca di un
modo di essere se stessa che non
sia l’annullarsi o corrispondere
all’immaginario altrui, ma che non sia neanche la fuga dall’instaurare
una relazione adulta con gli uomini.
Ma non si tratta solo di questo
aspetto in Ducks. Man mano che
Kate conosce l’ambiente lavorativo
altri temi emergono. Alcuni
sono ancora legati alle condizioni
di lavoro, come la questione della
sicurezza o della scarsa attenzione
alla salute psichica di lavoratori che
vivono lontani dalle loro famiglie.
Altri, invece, riguardano l’impatto
ambientale dell’industria estrattiva
delle sabbie bituminose e le conseguenze
sulle popolazioni indigene
che abitavano quelle terre, anche
in termini di salute. Lo stesso titolo
del graphic novel, Ducks (anatre),
è infatti un richiamo a un fatto di
cronaca: la morte di centinaia di
anatre in uno dei bacini utilizzati
per l’estrazione. Si tratta di temi di
grande rilievo, che emergono nei
risvolti di una quotidianità scandita
dai turni di lavoro e dalle piccole
preoccupazioni, rappresentata in
modo efficace attraverso le tavole
in bianco e nero, semplici nei tratti,
in cui si privilegia l’attenzione ai
volti dei personaggi, così da farne
trasparire il vissuto.
La forza di questo racconto è nel
sottrarsi alle facili categorizzazioni,
per riconoscere e prendere atto
di quanto sia complessa la vita e
quanto siano numerose le sfumature
con cui bisogna fare i conti,
lasciando un messaggio di incoraggiamento:
la durezza dell’esperienza
vissuta non è stata sepolta,
ma è divenuta una storia che può
ispirare quanti oggi si trovano a
vivere nelle proprie “sabbie bituminose”,
in situazioni simili a quelle
di Kate.