Donne nel nuovo Parlamento: qualcosa non torna

Chiara Tintori
Quante donne siederanno nel nuovo Parlamento? Nel 1948 le donne erano il 5% dei parlamentari, settant'anni dopo superano il 30%, una percentuale record  (in realtà il numero preciso non è ancora noto, a causa delle lungaggini legate alla complessità della nuova legge elettorale). Eppure qualcosa è andato storto. Il 4 marzo abbiamo votato con il Rosatellum, che prevede l’alternanza di genere nelle liste per i collegi plurinominali e impone che nessuno dei due generi possa essere rappresentato, come capolista nei collegi plurinominali e in quelli uninominali, in misura superiore al 60%. In base a queste due disposizioni ci si aspettava di avere un nuovo Parlamento composto per almeno il 40% da donne. 

Se non è andata così è perché alle donne candidate sono stati riservati i collegi uninominali meno "sicuri" e perché, come ha spiegato ad esempio Michela Cella su Gli Stati Generali, in quelli plurinominali si è «usato il trucco, perverso, delle pluricandidature. Se una donna era candidata in molte circoscrizioni con ottime probabilità di elezione in ciascuna, allora ella stava togliendo un posto a una donna per ogni collegio in eccesso (dietro di lei, ci stava un uomo a cui era garantita l’elezione)».

Un’occhiata al trend storico ci consegna dei progressi molto faticosi: sono stati necessari 30 anni e 7 legislature per eleggere più di 50 donne in Parlamento; 13 dei 64 Governi della storia repubblicana sono stati composti da soli uomini e nessuna donna è mai stata Presidente del Consiglio; la prima donna ministro è stata Tina Anselmi nel 1976, titolare del dicastero Lavoro e Previdenza sociale, mentre solo dal 1983 (Governo Fanfani V) la presenza delle donne è divenuta costante, in settori quali gli affari sociali, la sanità e l’istruzione. 

Che cosa manca perché la competizione elettorale e la partecipazione politica siano espressione autentica di una presenza femminile qualificata? Perché, laddove ci sono, le donne in politica sono relegate a ruoli di secondo piano? 

In Parlamento tirerà un’aria nuova, almeno così pare. Sarà un’aria nuova, capace di rafforzare la presenza delle donne, assegnando loro ruoli di responsabilità? Quando il primo partito in Italia non riporta mai nel suo programma elettorale la parola “donna”, è lecito avere qualche dubbio.


19 marzo 2018
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