Che l’Italia si stia scontrando con
la dura realtà di una grave crisi
demografica è una questione nota
ai più, un fatto che dovrebbe interrogarci
sulle cause che ci hanno
portato allo stato attuale, ma allo
stesso tempo spronarci a trovare
soluzioni per risolvere e, auspicabilmente,
trasformare in risorse le
condizioni che ci troviamo ad affrontare.
È con uno spirito analitico
che Francesco Billari, statistico e
demografo, ci propone uno spaccato
sulla situazione italiana che
versa in condizioni particolarmente
precarie, soprattutto da quando
negli ultimi 50 anni la popolazione
ha continuato a invecchiare, invertendo
una tendenza storica e catapultandoci
di fronte a un problema
mai visto prima del secolo scorso.
L’Italia è di fatto passata dall’essere
una “piramide demografica”
a una “nave demografica”. Queste
curiose immagini sono legate alla
rappresentazione grafica della
distribuzione per sesso di una popolazione.
Nella sua forma classica,
quella della piramide, l’esistenza
di un gran numero di giovani si
traduce in una base ampia, mentre
la cima più stretta simboleggia gli
anziani. L’erosione della natalità
combinata a un incremento dell’aspettativa
di vita ha portato ad
una modifica sostanziale di questa
distribuzione, che fa assomigliare
la distribuzione demografica più a
una barca vista da dietro.
Un’altra immagine ricorre lungo
tutto il corso del libro ed è quella
usata per la prima volta dal demografo
Alfred Sauvy: un orologio, le
cui lancette rappresentano diverse
discipline. La lancetta dei secondi,
quella più veloce, è espressione
della politica; quella dei minuti
simboleggia l’economia; mentre è
a quella delle ore che l’A. assimila
la demografia. Sauvy sosteneva
che «la lancetta corta dell’orologio
è la più importante, anche se sembra immobile. La lentezza dei
fenomeni demografici li rende carichi
di conseguenze, pur tenendoli
nascosti all’attenzione dei contemporanei,
che li subiscono» (p. 2).
Curiosa e interessante è la divisione
in due parti dell’opera che
ne consegue. Dapprima vengono
espressi i movimenti lenti, la
demografia e la sua evoluzione,
intrecciandola ai vari problemi che
lo spopolamento dell’Italia
si porta appresso. Tra
questi, l’A. ha voluto
dare grande
rilievo al mondo
scolastico e alla
sua difficoltà
nell’essere oggi
uno strumento
di crescita per
il Paese. Di fatto
si basa su un
modello disegnato
negli anni ’30 del secolo
scorso, incapace di
far raggiungere a metà degli
studenti italiani livelli soddisfacenti
di apprendimento in materie quali
la matematica e l’italiano. Un altro
approfondimento riguarda gli studenti
universitari, costretti a fare
ampio ricorso al supporto familiare
a scapito di una crescita nell’autonomia.
Il problema principale sottolineato
dall’A. è la mancata abilità
di trasformarsi in adulti, «per
questo, la situazione dei giovani
oggi getta un’inquietante ombra
sul domani» (p. 52).
Nella seconda parte, in cui sono
i cambiamenti veloci a essere esaminati,
l’A. presenta il concetto di
“permaemergenza”, che altro non
è che la sensazione di vivere in
una permanente condizione emergenziale.
La nuova rivoluzione del
mondo digitale, il cortocircuito politico
e sociale legato all’arrivo di
immigrati nel Paese, i recenti eventi
con cui ci siamo misurati come
guerre, pandemie e cambiamenti
climatici, sono tutti fattori altamente
influenti nello spostare avanti o
indietro le lancette dell’orologio
demografico. Quanto auspicato è
che si possa affrontare la permaemergenza
in modo lucido, sfruttando
non solo la lancetta
lunga e veloce della
politica, ma combinandola
con una
visione più ampia
e lungimirante, in
grado di mutare
le varie crisi, specialmente
quella
migratoria, in opportunità.
Conclude l’A.
sostenendo che «la
diagnosi ha mostrato che
la nave italiana richiede urgenti
interventi di cambiamento strutturale,
vere e proprie riforme, in
almeno tre ambiti: la scuola; l’autonomia
residenziale degli studenti
universitari e dei giovani in generale;
l’immigrazione e l’integrazione
nel Paese delle prime e seconde
generazioni» (p. 121). Apprezzabile,
dunque, l’auspicio di riconsiderare
la demografia in un’ottica ampia,
con il coraggio e soprattutto la
volontà di innovare un “sistema
Paese” particolarmente datato,
prendendo in considerazione a 360
gradi tutte le concause che hanno
portato a un calo demografico non
indifferente, attuando politiche audaci
e lungimiranti.