Domani è oggi. Costruire il futuro con le lenti della demografia

Francesco Billari
Egea, Milano 2023, pp. 144
Scheda di: 
Fascicolo: marzo 2024

Che l’Italia si stia scontrando con la dura realtà di una grave crisi demografica è una questione nota ai più, un fatto che dovrebbe interrogarci sulle cause che ci hanno portato allo stato attuale, ma allo stesso tempo spronarci a trovare soluzioni per risolvere e, auspicabilmente, trasformare in risorse le condizioni che ci troviamo ad affrontare. È con uno spirito analitico che Francesco Billari, statistico e demografo, ci propone uno spaccato sulla situazione italiana che versa in condizioni particolarmente precarie, soprattutto da quando negli ultimi 50 anni la popolazione ha continuato a invecchiare, invertendo una tendenza storica e catapultandoci di fronte a un problema mai visto prima del secolo scorso.

L’Italia è di fatto passata dall’essere una “piramide demografica” a una “nave demografica”. Queste curiose immagini sono legate alla rappresentazione grafica della distribuzione per sesso di una popolazione. Nella sua forma classica, quella della piramide, l’esistenza di un gran numero di giovani si traduce in una base ampia, mentre la cima più stretta simboleggia gli anziani. L’erosione della natalità combinata a un incremento dell’aspettativa di vita ha portato ad una modifica sostanziale di questa distribuzione, che fa assomigliare la distribuzione demografica più a una barca vista da dietro.

Un’altra immagine ricorre lungo tutto il corso del libro ed è quella usata per la prima volta dal demografo Alfred Sauvy: un orologio, le cui lancette rappresentano diverse discipline. La lancetta dei secondi, quella più veloce, è espressione della politica; quella dei minuti simboleggia l’economia; mentre è a quella delle ore che l’A. assimila la demografia. Sauvy sosteneva che «la lancetta corta dell’orologio è la più importante, anche se sembra immobile. La lentezza dei fenomeni demografici li rende carichi di conseguenze, pur tenendoli nascosti all’attenzione dei contemporanei, che li subiscono» (p. 2).

Curiosa e interessante è la divisione in due parti dell’opera che ne consegue. Dapprima vengono espressi i movimenti lenti, la demografia e la sua evoluzione, intrecciandola ai vari problemi che lo spopolamento dell’Italia si porta appresso. Tra questi, l’A. ha voluto dare grande rilievo al mondo scolastico e alla sua difficoltà nell’essere oggi uno strumento di crescita per il Paese. Di fatto si basa su un modello disegnato negli anni ’30 del secolo scorso, incapace di far raggiungere a metà degli studenti italiani livelli soddisfacenti di apprendimento in materie quali la matematica e l’italiano. Un altro approfondimento riguarda gli studenti universitari, costretti a fare ampio ricorso al supporto familiare a scapito di una crescita nell’autonomia. Il problema principale sottolineato dall’A. è la mancata abilità di trasformarsi in adulti, «per questo, la situazione dei giovani oggi getta un’inquietante ombra sul domani» (p. 52).

Nella seconda parte, in cui sono i cambiamenti veloci a essere esaminati, l’A. presenta il concetto di “permaemergenza”, che altro non è che la sensazione di vivere in una permanente condizione emergenziale. La nuova rivoluzione del mondo digitale, il cortocircuito politico e sociale legato all’arrivo di immigrati nel Paese, i recenti eventi con cui ci siamo misurati come guerre, pandemie e cambiamenti climatici, sono tutti fattori altamente influenti nello spostare avanti o indietro le lancette dell’orologio demografico. Quanto auspicato è che si possa affrontare la permaemergenza in modo lucido, sfruttando non solo la lancetta lunga e veloce della politica, ma combinandola con una visione più ampia e lungimirante, in grado di mutare le varie crisi, specialmente quella migratoria, in opportunità.

Conclude l’A. sostenendo che «la diagnosi ha mostrato che la nave italiana richiede urgenti interventi di cambiamento strutturale, vere e proprie riforme, in almeno tre ambiti: la scuola; l’autonomia residenziale degli studenti universitari e dei giovani in generale; l’immigrazione e l’integrazione nel Paese delle prime e seconde generazioni» (p. 121). Apprezzabile, dunque, l’auspicio di riconsiderare la demografia in un’ottica ampia, con il coraggio e soprattutto la volontà di innovare un “sistema Paese” particolarmente datato, prendendo in considerazione a 360 gradi tutte le concause che hanno portato a un calo demografico non indifferente, attuando politiche audaci e lungimiranti.

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