Digiunare per il clima?

Chiara Tintori
Quanti di noi prenderebbero sul serio la pratica del digiuno per il clima? Eppure è quello che il movimento globale «Fast for the climate», nato nel 2013, propone il primo di ogni mese in vista della Conferenza di Parigi (COP21) che si terrà dal 30 novembre all'11 dicembre 2015. 

Da più parti si sostiene, a ragione, che Parigi sarà l'ultima occasione per un accordo serio e vincolante sui cambiamenti cimatici. Qualche avvisaglia di buone intenzioni si è avuta nel G7 dello scorso maggio e, recentemente, la Cina, dopo USA e Unione Europea, ha confermato la propria volontà di ridurre del 60-65% le proprie emissioni nocive e climalteranti entro il 2030, rispetto ai livelli del 2005. Si dice che la strada dell'inferno sia lastricata di buone intenzioni, così a Parigi avremo bisogno di un mezzo miracolo perché tutte le parti in gioco facciano - questa volta - veramente sul serio.

Si è digiunato per la buona causa della pace, ma non è un po' esagerato farlo per i cambiamenti climatici? E poi che cosa potrà mai cambiare? Questa antica e diffusa pratica religiosa ha risvolti sociali e pubblici, ma soprattutto è uno di quegli "strumenti spirituali volti ad assicurare l’unione tra l’uomo e Dio e ad aprirsi all’attenta cura degli altri" (cfr Trotta-Riggio, «Digiuno», su Aggiornamenti Sociali, marzo 2015). 

Al digiuno per il clima hanno recentemente aderito anche i leader religiosi - cattolici, protestanti, ortodossi, musulmani, ebrei e buddisti - della Conferenza dei responsabili dei culti in Francia, affermando che la crisi climatica rappresenta una sfida spirituale e morale. Per questo la rinuncia al cibo può lasciare spazio a una rimodulazione dei valori e dei comportamenti, come espresso dall'appello dei leader religiosi: «Rifiutiamo l’indifferenza e l’avidità. Apriamoci alla compassione e alla fraternità. Usciamo dai nostri egoismi. Siamo solidali e prendiamo come bussola il bene comune».

L'ecologia integrale proposta da papa Francesco nell'enciclica Laudato si' ci chiede un cambiamento di prospettiva e dunque anche di comportamenti. In questo senso, anche l'astinenza dal cibo per il clima potrebbe aiutare ciascuno di noi a compiere qualche passo concreto sulla strada della conversione ecologica.

6 luglio 2015
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