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DDL Zan: prima le persone

Come valutare il DDL Zan? L’editoriale di Aggiornamenti Sociali del numero di giugno-luglio mette al centro l’obiettivo del provvedimento: tutelare le persone vittime di discriminazioni.

È dedicato al ddl Zan l’editoriale che il direttore di Aggiornamenti Sociali, p. Giacomo Costa, firma sul numero di giugno-luglio della Rivista. Ne anticipiamo la diffusione in ragione della sua attualità: in queste settimane il ddl è al centro dello scontro fra i sostenitori della necessità di approvarlo senza modifiche e quanti lo rigettano radicalmente, considerandolo una minaccia. Ne segue – nota l’editoriale – «una grande confusione […] anche all’interno della compagine ecclesiale».

 

È quello che succede ogni volta quando le questioni definite “eticamente sensibili” diventano terreno di scontro tra schieramenti politici, che ne sfruttano la grande risonanza nell’opinione pubblica. Per sottrarci a questo schema – scrive p. Costa – occorre «ascoltare la realtà […] e scoprire quali sono i passi necessari per raggiungere un risultato costruttivo, piuttosto che per ottenere una vittoria che si riduce a prevalere su un avversario».

 

La realtà da cui partire è la sofferenza di persone che sono vittime di forme di discriminazione e violenza particolarmente abiette, perché prendono di mira l’identità e incidono sull’autostima, minacciando la tranquillità, la sicurezza e la libertà di interi gruppi di cittadini, portatori di diversità che la cultura dominante interpreta come inferiorità. Un dato di realtà altrettanto importante è la complessità della questione e la varietà delle posizioni riguardo al «crinale che unisce il dato biologico, la sua interpretazione culturale e l’assunzione di biologia e cultura all’interno del percorso di costruzione dell’identità personale», e in particolare in merito al rapporto tra sesso e genere. Lo segnala anche – nota l’editoriale – «la diversità di accenti all’interno del mondo femminista e rispetto alla frastagliatissima galassia abitualmente indicata con l’acronimo LGBT» (o variazioni).

 

In tale contesto, la via di uscita parte dal riferimento al principio che la realtà è superiore all’idea, su cui spesso insiste da papa Francesco: la tutela delle persone rappresenta la priorità, anche rispetto alla «volontà di marcare il territorio o ribadire i principi». Chi non è disponibile ad accettarlo, sta provando a strumentalizzare le persone coinvolte per altri fini. Le conseguenze – afferma p. Costa – «sono molto concrete, a partire dal prendere atto che è impossibile codificare in definizioni di poche righe, come quelle dell’art. 1 del ddl, una terminologia su cui il dibattito è tutt’altro che concluso». Meglio approfondire la proposta di «imperniare la norma sul solo termine “sesso”, da intendersi come coestensivo a tutte le manifestazioni ed espressioni personali della sessualità».

 

Ugualmente paiono poco rispettosi della realtà il richiamo a questioni non pertinenti al codice penale, come l’adozione o la disciplina delle unioni omosessuali, o l’evocare minacce alla libertà di espressione: da questo punto di vista, infatti, la legislazione già vigente sulla discriminazione etnica e razziale non sembra aver imbavagliato le molte posizioni razziste presenti nella società italiana. Quello che si richiede piuttosto è l’impegno di tutti a formulare le proprie posizioni «nella loro integralità, profondità e ricchezza, senza che risultino aggressive, violente o escludenti per coloro che la pensano diversamente». È uno sforzo che può apparire arduo, ma che può rivelarsi molto fruttuoso per sostenere la battaglia culturale necessaria a disinnescare i meccanismi della discriminazione. «Una buona legge – conclude p. Costa – è certamente un valido punto di partenza, ma vincere la sfida richiede che tutte le componenti della società scelgano di uscire dalle trincee ideologiche e si incontrino portando ciascuna il proprio contributo, come occasione per coltivare la fraternità e l’amicizia sociale».

 

Leggi il testo completo dell’editoriale

25 maggio 2021
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