Dalla parte dei poveri

Teologia della liberazione, teologia della Chiesa

Gustavo Gutiérrez – Gerhard Ludwig Müller
Edizioni Messaggero–EMI, Padova–Bologna 2013, pp. 192, € 15
Scheda di: 
Fascicolo: aprile 2014
Di rado la teologia nelle sue diverse espressioni acquista una notorietà che va oltre il ristretto circolo degli specialisti per essere conosciuta da un pubblico più vasto. Tale però è stata la sorte del movimento ecclesiale e teologico della “teologia della liberazione”, nato all’indomani del Concilio Vaticano II in America Latina, che ebbe una grande risonanza negli anni ’70 e ’80.

Proprio questo movimento e il suo contributo alla riflessione e all’azione della Chiesa sono al centro del volume scritto a quattro mani da due teologi uniti da un’amicizia pluriennale. Si tratta di Gustavo Gutiérrez, sacerdote peruviano che per primo usò l’espressione “teologia della liberazione” in una conferenza del 1968 a Chimbote (Perù) e ne diede una prima importante sistematizzazione nel libro Teología de la liberación del 1971, e di Gerhard Ludwig Müller, già professore di teologia a Monaco di Baviera e arcivescovo di Ratisbona, attualmente prefetto della Congregazione per la dottrina della fede. Nell’alternarsi dei capitoli scritti dall’uno o dall’altro A. si rinnovano l’incontro e il dialogo tra la teologia e la Chiesa latinoamericana e quelle europee, proseguendo quella feconda esperienza che è all’origine della stessa teologia della liberazione.

In effetti, quest’ultima ha una sua fonte di ispirazione nella teologia politica europea riletta alla luce della realtà dell’America Latina, «un continente abitato da una popolazione allo stesso tempo povera e credente»

(p. 53). Le condizioni di vita dei loro Paesi posero un interrogativo forte ai cattolici latinoamericani: «Come dire al povero, all’ultimo della società, che Dio lo ama?» (p. 9). Questo tema mobilitò e impegnò le energie migliori di tutta la Chiesa, sollecitando fedeli, pastori e teologi a dare il loro contributo. La teologia della liberazione non è perciò nata “allo scrittoio” dei professionisti della disciplina, ma è «maturata nella comunità» e «nella sequela di Cristo» (p. 25). Fin dalla sua origine è legata «alla vita della Chiesa, ai suoi documenti, alla sua celebrazione comunitaria, alla sua inquietudine evangelizzatrice e al suo impegno per la liberazione della società latinoamericana, in particolare dei più poveri dei suoi membri» (p. 117).

L’apporto caratteristico della teologia della liberazione è individuato da Müller – che la ritiene una delle «correnti più significative della teologia cattolica del XX secolo» (p. 19) – nella comprensione del «lavoro teologico come partecipazione attiva, pratica – e pertanto trasformatrice – all’agire liberante integrale, complessivo inaugurato da Dio, grazie al quale l’agire storico dell’uomo è reso capace e chiamato a servizio della liberazione e dell’umanizzazione dell’uomo stesso» (p. 22).

La cifra sintetica del contributo della teologia della liberazione si trova nella nota espressione dell’«opzione preferenziale per i poveri», che troviamo nel documento conclusivo della III Conferenza dell’episcopato latinoamericano tenutasi a Puebla nel 1979, ma che si affacciava già nelle riflessioni sulla povertà iniziate nel precedente incontro continentale di Medellín del 1968. Si tratta ormai di una dimensione che è entrata stabilmente a far parte del magistero della Chiesa. Infatti, è stata pienamente integrata nella dottrina sociale della Chiesa da Giovanni Paolo II e si ritrova nell’insegnamento di Benedetto XVI e di papa Francesco (cfr Evangelii gaudium, nn. 199-200).

Si tratta della declinazione di un tema biblico ed ecclesiale fondamentale qual è quello della povertà alla luce della situazione del continente latinoamericano. Nell’impostazione della teologia della liberazione l’attenzione a questo tema è di carattere innanzitutto teologico, pur non essendone certo ignorati i profili economici e sociali. Come sottolinea Gutiérrez, «la povertà, come la conosciamo oggi, lancia una sfida radicale e inglobante alla coscienza umana e al modo di percepire la fede cristiana. Essa struttura un ambito ermeneutico che ci porta a una rilettura del messaggio biblico e del cammino da intraprendere come discepoli di Gesù» (p. 56). L’intuizione fondamentale è stata quella di considerare le vicende dei Paesi e dei popoli latinoamericani a partire dai poveri, nella convinzione che «rileggere la storia potrebbe sembrare un esercizio puramente intellettuale se non si capisse che significa anche rifarla» (p. 61).

Nel portare avanti questo compito, i teologi della liberazione hanno fatto ricorso anche agli apporti delle scienze sociali, ma è proprio sul modo di utilizzare questi contributi e sul rilievo loro attribuito che nascono ben presto dei serrati confronti che hanno reso più difficile il dialogo tra la Chiesa latinoamericana e quella europea. Gutiérrez e Müller non ne fanno mistero, richiamando i numerosi dibattiti e i due documenti della Congregazione per la dottrina della fede su questo tema (Libertatis nuntius del 1984 e Libertatis conscientia del 1986).

Il teologo peruviano non esita a riconoscere che «al di là delle apparenze e delle discussioni infuocate, un processo di fondo ha avuto luogo in quegli anni, caratterizzato da un confronto serio e rispettoso, obiezioni fondate, richiesta di precisazioni necessarie da parte di coloro che ne hanno autorità nella Chiesa, valorizzazione della sensibilità al segno dei tempi costituito dall’aspirazione alla liberazione, una legittima presentazione di dubbi, interesse per una teologia vicina alle comunità cristiane» (p. 12). Di fondo vi è la consapevolezza che «le imperfezioni di linguaggio devono essere superate e le formulazioni inesatte corrette» nel confronto, dato che «la riflessione teologica, infatti, porta sempre il marchio del momento e delle circostanze in cui si elabora» (ivi). Ritroviamo qui una eco del procedere nella riflessione sul mistero di Dio che si compie attraverso il confronto, talora faticoso e persino aspro, tra posizioni diverse che si chiariscono mutualmente (cfr RATZINGER J., Introduzione al cristianesimo, Queriniana, Brescia 1969, pp. 130-131).

A sua volta, Müller precisa il senso delle osservazioni vaticane: mettere in guardia contro la tendenza «a politicizzare la teologia e a ridurre la Chiesa a una serie di attività infra-mondane» (p. 181), così da smarrire la dimensione teologica e divenire una mera ideologia. Inoltre, riconosce che Gutiérrez si è impegnato a chiarire quelle espressioni foriere di possibili malintesi (ad esempio, opzione preferenziale per i poveri, lotta di classe, peccato strutturale e sociale) e ha smontato «anche in modo convincente le accuse mossegli di orizzontalismo e immanentizzazione del cristianesimo, il quale mai deve essere strumentalizzato da un’ideologia volta all’edificazione di un presunto paradiso in terra creato dall’uomo» (p. 22). In questo orizzonte, non si può certo ritenere «la teologia della liberazione […] una sociologia drappeggiata di teologia o una sorta di socio-teologia. La teologia della liberazione è teologia in senso stretto» e intende superare «ogni dualismo che vuole relegare Dio in un aldilà e ridurre la salvezza a mera dimensione interiore» (p. 28). Leggendo le pagine scritte da Müller, si coglie che la sua riflessione sulla teologia della liberazione è influenzata e sostenuta dal periodo che ha trascorso nella realtà latinoamericana; un’esperienza che lo rende consapevole delle differenze che si celano dietro il ricorso a una medesima parola, ad esempio capitalismo o proprietà, in Europa o in America Latina.

I vivaci dibattiti di alcuni decenni fa intorno alla teologia della liberazione appartengono ormai al passato. Lo stesso Gutiérrez riconosce che la complessità del mondo moderno – ben maggiore di quella di 40 anni fa – impone un ripensamento profondo perché «di fronte alle nuove situazioni […] molte delle discussioni precedenti non rispondono alle sfide odierne» (p. 14). La conclusione di un’esperienza non significa però che le istanze che l’hanno fatta sorgere siano anch’esse superate. Per Gutiérrez la questione della povertà continua a interrogare la missione evangelizzatrice della Chiesa insieme a «quella del mondo moderno e della cosiddetta postmodernità [e] quella del pluralismo religioso e del conseguente dialogo interreligioso» (p. 48). La Chiesa tutta è chiamata a confrontarsi con esse sapendo che costituiscono altrettante opportunità per «intraprendere nuove piste nella comprensione e nell’approfondimento del messaggio cristiano» (ivi). Al contempo, ciascuna di queste sfide tocca in modo speciale alcuni continenti piuttosto che altri. Alla tentazione «di un incasellamento che consisterebbe nell’assegnare tali sfide ai diversi continenti» (p. 71), Gutiérrez reagisce richiamando la necessità di un dialogo tra i portatori di diverse storie ed esperienze, perché la risposta ecclesiale possa declinare in modo rinnovato la dimensione universale del messaggio cristiano nei singoli contesti particolari. In questa direzione si comprende anche l’affermazione di Müller secondo cui «la teologia dell’America latina svela e propone oggi nuovi aspetti della teologia che integrano una prospettiva europea spesso incrostata» (p. 178).

Concludendo il volume, Müller scrive che esso è pensato come un «contributo al superamento dell’indifferenza verso la sofferenza e verso i bisogni dei nostri fratelli e delle nostre sorelle, ma anche come sistema di coordinate per la corretta interpretazione della teologia della liberazione» (p. 180). Il proposito è conseguito grazie al dialogo al contempo serrato e costruttivo tra i due autori, ma il libro ha anche un ulteriore merito: seguendo lo scambio tra Gutiérrez e Müller, il lettore si immerge in un interessante esercizio di riflessione teologica ed è aiutato a pensare al ruolo e al compito svolto dalla teologia nella Chiesa, sul suo contributo alla missione evangelizzatrice per comunicare il mistero di salvezza «in un linguaggio fedele al messaggio e che risulti eloquente per i nostri contemporanei» (p. 6).

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