COP24: compromesso (al ribasso) sul clima

Chiara Tintori

Un pareggio che non giova a nessuno. Potrebbe essere questa la cifra sintetica della COP24, conclusasi sabato 15 dicembre 2018 a Katowice (Polonia).

Avevamo tifato per una vittoria (video), e invece ci troviamo con in mano l’ennesimo compromesso. Forse aspettarsi qualcosa di diverso era utopistico, viste le profonde differenze tra i 196 Paesi partecipanti, ma i contenuti dell’accordo, il Libro delle regole che permetterà all’Accordo di Parigi di diventare esecutivo nel 2020, sono un po’ fumosi. 

È vero, la segretaria esecutiva UNFCCC (Convenzione quadro sui Cambiamenti Climatici delle Nazioni Unite), Patricia Espinosa, al termine dei lavori ha dichiarato: «Questo è un risultato eccellente! Il sistema multilaterale ha prodotto un risultato solido. Questa è una tabella di marcia per la comunità internazionale per affrontare in modo decisivo il cambiamento climatico». Probabilmente la sua soddisfazione nasce dal fatto che il negoziato era partito tutto in salita, con la dichiarazione da parte dei padroni di casa – la Polonia – sulla centralità del carbone per il futuro energetico. Forse il Libro delle regole, come già successo con l’Accordo di Parigi nel 2015, è il migliore risultato possibile. Il Libro delle regole contiene indicazioni tecniche su come misurare la progressiva riduzione delle emissioni di carbonio, sul sostegno da dare ai Paesi poveri per mitigare le conseguenze del cambiamento climatico già in atto e per avviare misure di transizione energetica, e sui meccanismi di controllo della situazione globale.

Il problema è che tutto è lasciato ai piani di azione volontari di ciascun Paese (INDC), ma già oggi sappiamo che questi ultimi sono inadeguati ad affrontare la sfida climatica. Infatti l’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) ha dichiarato che le attuali politiche porteranno ad un aumento di 3°C della temperatura media e quindi a eventi climatici estremi sempre più diffusi e dannosi. Avremmo bisogno di azioni tese a una riduzione immediata e progressiva delle emissioni climalteranti.

Eppure i governi, Unione europea ed Italia compresi, sono tutti soddisfatti (un po’ meno le ONG ambientaliste), perché i risultati sono in linea rispetto ai propri INDC; peccato che le ambizioni di ciascun Paese dovrebbero crescere, in tutti i settori dell’economia, per guidare (e non più solo accompagnare) con decisione la transizione energetica.

Non si può continuare a rimandare a domani ciò che doveva essere fatto già oggi, perché i cambiamenti climatici non sono più qualcosa su cui accettare compromessi: la giustizia climatica esige scelte più coraggiose da parte dei politici. Ecco perché ora la palla torna alla società civile, a noi cittadini perché possiamo fare un buon pressing sui nostri politici, verso decisioni più radicali e all’altezza della posta in gioco.


17 dicembre 2018
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