Contro Antigone. O dell’egoismo sociale
Eva Cantarella
Einaudi, Torino 2024, pp. 120
La figura di Antigone, consacrata
da Sofocle nell’omonima tragedia,
ha attraversato i secoli, suscitando
non solo la passione di
quanti amano il teatro, ma anche
interrogando e ispirando intellettuali
e politici. Una delle ragioni di
questa capacità di parlare a persone
di ogni epoca e cultura si può
rintracciare nel fatto che il rapporto
tra Antigone e lo zio Creonte non si
esaurisce nello scontro tra chi «rappresenta
le ragioni della sfera privata
delle emozioni» e chi «impersona
il potere pubblico e le regole
del diritto che lo tutelano» (p.
10), ma racchiude in sé
alcuni «eterni conflitti
della condizione
e dell’esperienza
umana: quello tra
i generi, quello
tra le generazioni,
quello tra vivi
e morti, quello tra
l’umano e il divino
» (p. 11).
Nella rilettura della
tragedia compiuta nel
suo ultimo volume da Eva
Cantarella, che è stata docente di
Diritto romano e greco, questi conflitti
vengono esplorati attraverso
una lettura attenta del testo greco,
che prende le mosse dalla distinzione
tra ciò che Antigone è diventata
come simbolo e il personaggio descritto da Sofocle. In questo modo,
emergono alcuni aspetti contraddittori
del personaggio, possono
essere letti in modo nuovo le ragioni
e il comportamento di Creonte,
che «fedele al suo ruolo regale e
al diritto-dovere che ne consegue
di essere custode della legge […]
rimane solo a difesa di questa
contro tutto e contro tutti
» (p. 103).
In questo modo,
l’A. riesce a far cogliere
la tensione
presente quando
sono in gioco
l’interpretazione
e l’applicazione
del diritto, per
evitare che si determini
una cristallizzazione
delle norme
che le renderebbe fuori dal
tempo, lontane dal contesto in cui
si devono attuare. Una questione
viva non solo nella Grecia classica
ma in ogni epoca, come mostrano
alcuni esempi riportati nell’ultima
parte per vicende ben più vicine.
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