Comandamenti per la libertà. Il decalogo tra coscienza religiosa e civile

Gaia De Vecchi, Alberto Mattioli
In Dialogo – ITL libri, Milano 2021, pp. 200, € 17
Scheda di: 
Fascicolo: febbraio 2022

Che cosa sono i Dieci comandamenti? Perché quando pensiamo al Decalogo ci vengono in mente parole negative come diniego, coercizione, obblighi a non compiere determinate azioni? Ha ancora senso parlarne oggi? Cos’ha da dire agli uomini e alle donne del nostro tempo?

A queste domande prova a rispondere questo volume, con l’intento di ribaltare la visione negativa presente nell’opinione pubblica, attualizzando e calando nella realtà concreta di oggi i precetti consegnati a Mosè sul monte Sinai.

Il libro prova a indicare una strada di libertà e di pienezza, un cammino d’amore per meglio conoscere se stessi e gli altri. Come ha scritto Francesco Occhetta nella prefazione, «la rilettura del Decalogo nasce dal desiderio di un confronto, al fine di aiutare a formare, in una costante ricerca, coscienze mature che hanno come obiettivo quello di trovare, migliorare, cambiare e rinnovare un insieme di condizioni che permettano a ciascuno di perseguire la propria realizzazione umana» (p. 9). I comandamenti ci parlano di relazione, di apertura agli altri, di libertà che si gioca e si realizza soltanto nell’incontro con l’Altro/altro.

Le riflessioni contenute nel testo ripercorrono una per una le indicazioni date a Mosè: nella prima parte si affrontano i comandamenti che trattano della relazione intima di ciascuno/a con Dio padre. Nella seconda parte, poi, si percorrono le relazioni con gli altri e i legami sociali che sono alla base della convivenza civile e della realizzazione del bene comune. Il «Non avrai altri dei di fronte a me» (Deuteronomio 5,7), ad esempio, mette in evidenza le grandi costruzioni ideologiche e totalitarie che hanno caratterizzato il XX secolo e quelle che oggi caratterizzano i nostri tempi difficili: il liberismo sfrenato e il populismo, entrambi segnati profondamente da una semplificazione e da un riduzionismo che annientano le differenze.

Il comandamento «Non ruberai» assume una dimensione molto più ampia del semplice non sottrarre denaro: rubare oggi significa togliere alle giovani generazioni il futuro, rubare la possibilità di uno sviluppo sostenibile distraendo risorse economiche e governandole in malo modo, lasciando che la criminalità organizzata prosperi, che la corruzione e l’evasione fiscale dilaghino, che l’illegalità non venga contrastata con efficacia e risolutezza.

I comandamenti sono una provocazione forte a passare dall’io al noi, per ripensarsi in un impegno comune per costruire un mondo più giusto e fraterno. Il Decalogo interroga sia la coscienza religiosa di chi crede sia la coscienza civile di tutti gli uomini e tutte le donne di buona volontà, di generazione in generazione. Oggi chiamano in causa la nostra responsabilità matura e adulta – professionisti, insegnanti, educatori, formatori, imprenditori, amministratori e politici – per costruire un agire sociale che ci permetta di vivere “da fratelli e sorelle” nella comunità politica. Che implementi, cioè, sempre di più l’humanum come essere profondamente dialogico e relazionale.

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