Nel nostro Paese, e non solo, si assiste da tempo alla progressiva affermazione di una cultura individualista e all'indebolimento delle relazioni di solidarietà a tutti i livelli, da quello della famiglia a quello della società nel suo complesso. In una complessa rete di rapporti causali, questi fenomeni si legano all'incremento delle fragilità personali e delle famiglie, anche a livello intergenerazionale, all'instabilità e alla diseguaglianza; alla precarietà del lavoro; all'affermarsi di una società multiculturale in cui identità diverse faticano a convivere e a dialogare e alla crescente segregazione sociale e urbana, con la costituzione di quartieri ghetto dove si concentrano disagi e situazioni critiche.
In riferimento a questo insieme di problemi e, più in generale, alla mancanza di un progetto condiviso di società, a partire dagli anni Novanta si è affermato il concetto di "coesione sociale", che articola in un'unica prospettiva l'attenzione alle persone e ai contesti in cui esse vivono, toccando il senso di appartenenza alla comunità locale, inteso come radicamento in un determinato spazio di vita fisico e sociale dotato di valore e senso; ad esso si accompagna la capacità di agire in modo solidale e con senso di corresponsabilità per il superamento delle disuguaglianze. Il termine, utilizzato dai sociologi Émile Durkheim alla fine dell'Ottocento e Talcott Parsons negli anni 1940-1950, in tempi più recenti ha superato il confine degli studi specialistici, trovando spazio soprattutto nella definizione di politiche e interventi sociali.
Una definizione articolata
Il concetto di coesione sociale rinvia, nel linguaggio ordinario, all'idea di relazioni sociali forti, costruite su appartenenza o solidarietà territoriale: un insieme di significati dai confini indeterminati, da cui deriva, nell'ambito delle scienze sociali, la difficoltà di elaborare una definizione precisa e, nelle pratiche politiche e sociali, il rischio che con esso ci si limiti a raggruppare in maniera generica l'insieme dei problemi più pressanti.
Questa indeterminatezza genera una varietà di definizioni, legate all'inquadramento teorico in cui di volta in volta il termine viene utilizzato, con differenti visioni della società, livelli di analisi e modelli di intervento. Tutte però fanno riferimento a una pluralità di dimensioni:
- strutturale: riguarda i meccanismi di inclusione ed esclusione sociale, e di accesso alle diverse opportunità offerte dalla società, il grado di mobilità sociale, la divisione del lavoro e la struttura delle disuguaglianze;
- culturale: identifica il grado di condivisione di norme e valori;
- identitaria: definisce la misura di appartenenza alla comunità, il riconoscimento o il rifiuto di determinati gruppi sociali e il grado di tolleranza;
- dell'azione: riguarda la partecipazione alle attività collettive e l'impegno all'interno delle varie associazioni, reti e ambiti operativi (Chiesi 2004, 209).
Queste dimensioni sono riscontrabili su diversa scala: a livello micro o meso, infatti, è in gioco la fiducia interpersonale nei legami primari (famiglie e reti amicali), come pure nei gruppi secondari (reti di vicinato, rapporti di lavoro e gruppi etnici); a livello macro, cioè di società, riguardano il senso di appartenenza, la tolleranza delle differenze tra i gruppi, la presenza di strutture di sostegno in tempi avversi e la legittimazione delle pratiche politiche locali, nazionali o internazionali. È però limitativo parlare di coesione sociale tenendo presenti solo i singoli livelli e non le relazioni che li legano. Ad esempio, gli effetti di segregazione e marginalità di alcuni quartieri possono avere un impatto rilevante sulla tenuta di una intera area metropolitana, mentre il progresso a livello cittadino o regionale potrebbe avere un'influenza positiva sulla coesione di un singolo quartiere.
Circoscrivere la definizione di coesione sociale è un'operazione complessa, anche perché essa è al tempo stesso premessa e prodotto di legami positivi efficaci e significativi, che si traducono in forme plurime, sia informali sia istituzionalizzate, di mutua appartenenza e solidarietà, di cura e corresponsabilità, all'interno di un quadro sufficientemente stabile e condiviso di senso, riconoscimento e inclusione. È quindi più opportuno pensare la coesione sociale come un processo, una "abilità" che una società rigenera continuamente. In questa prospettiva, essa non è da considerare un obiettivo o un fine raggiungibile una volta per tutte, ma un mezzo per realizzare comunità meno vulnerabili, maggiormente in grado di rispondere alle domande dei propri membri e di prevenire e contrastare ogni forma di esclusione e disuguaglianza nell'accesso e nella fruizione dei servizi essenziali.
Promuovere la coesione sociale
La promozione della coesione sociale ha a che fare con la ricerca di una cornice di senso per gli interventi finalizzati all'inclusione sociale, rivolti cioè a categorie determinate di persone in difficoltà e che si collocano, quindi, su un piano diverso. Rispetto ai più tradizionali interventi sulle emergenze sociali, sostenere la coesione sociale significa infatti valorizzare le relazioni tra i membri della società e promuovere l'assunzione collettiva di responsabilità, percependo i problemi come comuni e non circoscritti a singole persone o gruppi. Allo stesso modo, «favorire la coesione sociale implica porsi obiettivi di lungo periodo e cercare nel protagonismo delle persone e delle formazioni sociali il principale fattore per contrastare la frammentazione [...] sostenere il sistema delle risposte ai bisogni» (Laboratorio 2010, n. 3).
La coesione sociale, quindi, non è riducibile alla lotta contro l'esclusione sociale e la povertà, ma consiste anche nella creazione di reti di solidarietà all'interno della società che sostengano gli interventi di contrasto all'emarginazione - anzi, ne minimizzino la necessità - e rafforzino la capacità di gestire le diversità, rendendole fonte di arricchimento reciproco e non fattore di conflitto. Una strategia di coesione sociale deve cercare vie di uscita dall'esclusione e dalla povertà tramite la prevenzione e la cura al tempo stesso, adottando specifiche misure per sostenere i membri vulnerabili della società. Questo richiede un processo collettivo e partecipativo, in cui anche le persone in condizioni di precarietà possano esprimere le proprie aspettative e i propri obiettivi, e contribuire a specificare concretamente il significato di coesione. Sempre a partire da questo lavoro condiviso si dovranno identificare indicatori che consentano in seguito di verificare se e quanto le politiche sociali adottate abbiano raggiunto gli scopi prefissi.
Precisazioni e critiche
Senza voler sminuire l'importanza della promozione della coesione sociale, restano tuttavia da sfatare alcuni luoghi comuni, né si possono nascondere le numerose critiche cui il concetto è stato sottoposto.
Innanzitutto, l'impegno a favore della coesione sociale rischia di essere confuso con gli sforzi per lo sviluppo di reti e relazioni territoriali. In realtà queste sono un mezzo per costruire la coesione sociale e non lo scopo ultimo degli interventi. I progetti di coesione sociale non possono quindi limitarsi allo svolgimento di attività in comune, mettendo in contatto e coordinando realtà diverse per facilitare ciò che ciascuna già promuove. Agire a favore della coesione sociale implica piuttosto uno sforzo congiunto per precisare obiettivi strategici e definire i contenuti dei progetti in modo approfondito, trasparente e concreto.
Una ulteriore osservazione riguarda il ruolo dello Stato. Se l'attenzione alla rete di relazioni non può non coinvolgere i cittadini, la società civile e le agenzie di rappresentanza, nell'ottica della responsabilità piena ed effettiva di ciascuno per la costruzione di un sistema efficace e sostenibile di vita in comune, tuttavia il terzo settore o l'insieme dei corpi intermedi non possono assumere da soli questa sfida: l'intervento pubblico è imprescindibile. Più precisamente, come scrive Tommaso Vitale (2009, 257), «senza voler ridurre l'importanza del ruolo che giocano le organizzazioni della società civile, la qualità dell'interlocutore istituzionale fa tuttavia la differenza, favorendo la risalita in generalità delle istanze degli attori del terzo settore e riducendo il rischio di rivendicazioni particolaristiche, che si cumulano in maniera disordinata con esiti di frammentazione pericolosi. A maggior ragione oggi, quando l'eterogeneità della società tende spesso a produrre polarizzazioni sociali e a mettere fortemente in tensione la coesione sociale».
Tutt'altro che scontato è il rapporto tra coesione sociale e sviluppo economico. Si dice che più una comunità è coesa, maggiori sono le sue possibilità di contrastare gli effetti negativi dei mutamenti in corso: per questo i programmi di promozione della coesione sociale vengono interpretati come condizione necessaria per lo sviluppo locale, al fine di superare i processi di esclusione. Tuttavia, il fatto che una comunità locale sia coesa non vuole necessariamente dire che essa sia integrata dal punto di vista sociale ed economico, né che tutti i suoi membri siano effettivamente coinvolti nella promozione del bene comune: il rapporto fra coesione sociale e crescita economica non è così lineare e a senso unico.
Un altro aspetto critico riguarda il rapporto tra coesione sociale e conflitto. Puntare troppo sulla prima può condurre a una visione unicamente negativa del conflitto, senza valorizzarlo come dinamica sociale ed elemento democratico-partecipativo. Senza volere quindi affermare il valore del conflitto in sé, è tuttavia importante dare spazio alla promozione della capacità di esprimere, e, se necessario, rivendicare i diritti negati. Investire in coesione sociale non significa trascurare processi e istituzioni che possono far emergere e affrontare le conflittualità.
L'approccio delle istituzioni
«La coesione economica, sociale e territoriale rimarrà al centro della strategia Europa 2020» (Commissione europea 2010, 24): così afferma il documento con cui nel 2010 la Commissione Europea tratteggia la strategia dell'UE per uscire dalla crisi e proseguire sul sentiero dello sviluppo, aggiornando la cosiddetta Strategia di Lisbona in vigore nel decennio 2000-2010. Coerentemente con l'impostazione prevalente dei documenti UE, coesione sociale è qui intesa soprattutto come lotta all'esclusione: la si lega infatti a promozione dell'occupazione («crescita inclusiva») e lotta alla povertà.
Riserva maggiore enfasi al tema il Consiglio d'Europa, che ha elaborato una strategia per la coesione sociale, la cui attuazione è affidata al Comitato europeo per la coesione sociale (CDCS), e istituito al proprio interno una Direzione generale della coesione sociale. Alla base vi è questa definizione: «la coesione sociale è la capacità di una società di assicurare il benessere [welfare] di tutti i suoi membri, riducendo le differenze ed evitando le polarizzazioni. Una società coesa è una comunità di sostegno reciproco di individui liberi che perseguono obiettivi comuni con mezzi democratici» (CDCS 2004, n. 1). Allo scopo di fornire un quadro di riferimento comune e favorire lo scambio delle buone pratiche, nel 2005 il Consiglio d'Europa ha pubblicato (in inglese e francese) una corposa guida metodologica per l'elaborazione concertata di indicatori di coesione sociale (COE 2005).
A livello italiano, alcuni Enti locali hanno inserito la coesione sociale tra le deleghe di un assessore, associandola in modi vari ad altre competenze. Ad esempio, i Comuni di Milano, Pavia e Napoli hanno attualmente assessorati alla "coesione sociale e sicurezza"; Perugia aggiunge alla delega la "qualità della vita" e Reggio Emilia propone "coesione e sicurezza sociale", mentre la Provincia di Mantova associa la coesione sociale alle pari opportunità e quella di Bari alla pubblica istruzione. Infine il Comune di Cosenza ha un assessore alla "solidarietà e coesione sociale".
Risorse
Alietti A. (2009), «Quei soggetti spinti ai confini della società. Note critiche sul concetto di coesione sociale», in Animazione Sociale, giugno/luglio, 12-19.
Berger-Schmitt R. (2000), Social Cohesion as an aspect of quality of societies: Concept and Measurement, Center for Survey Research and Methodology (ZUMA), Mannheim.
Chiesi A. M. (2004), «Social Cohesion and Related Concepts», in Genov N. (ed.), Advances in Sociological Knowledge over half a Century, Verlag für Sozialwissenschaften, Wiesbaden.
CDCS 2004, European Committee for Social Cohesion (CDCS), A new strategy for Social Cohesion. Revised strategy for Social Cohesion approved by the Committee of Ministers of the Council of Europe on 31 March 2004.
COE 2005, Methodological guide to the concerted development of social cohesion indicators, Strasburgo, in <www.coe.int>.
Commissione europea (2010), EUROPA 2020. Una strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva (COM/2010/2020 def.), 3 marzo 2010.
Laboratorio per la coesione sociale (2010), Documento finale, 29 ottobre, <http://forumtslombardia.7host.com/allegati/FTSL_t_documenti/5/FILE_Documento_documento_
finale_LAB_Coesione_Sociale_def.pdf>.
Task Force on Social Cohesion 2008, Towards An Active, Fair And Socially Cohesive Europe, Strasburgo, <www.coe.int/t/dg3/socialpolicies/source/TFSC(2007)31E.doc>
Vitale T., (2009), Coesione sociale nella città. Azioni e relazioni nell'esperienza di due quartieri di Milano, a cura di Maria Luppi, Guerini e Associati, Milano
Consiglio d'Europa, Direzione generale della coesione sociale: <www.coe.int/t/dg3/default_en.asp>.