Che cosa resta del ’68

Paolo Pombeni
il Mulino, Bologna 2018, pp. 132, € 12
Scheda di: 
Fascicolo: dicembre 2018

Che cosa ha significato il movimento sessantottino per il nostro Paese? Lo storico Paolo Pombeni non si propone di rispondere a questo interrogativo addentrandosi in una puntuale ricostruzione di quanto è accaduto cinquant’anni fa, ma di formulare una prima valutazione delle eredità oggi visibili nella nostra società riconducibili alle proteste studentesche all’origine di un evento storico per gran parte del mondo.

Nei vari capitoli sono di volta in volta presi in considerazione alcuni temi centrali nell’esperienza del Sessantotto italiano (e non solo), a partire dalla contestazione del sistema educativo e del concetto di autorità, passando per la “rivoluzione sessuale”, una più consapevole conoscenza della dimensione internazionale, all’opposizione del capitalismo incarnato dagli Stati Uniti e il fascino esercitato dai miti rivoluzionari, come la figura di Che Guevara o la Cina maoista. Raccontando gli sviluppi avvenuti nel corso di questi anni, l’A. segnala le evoluzioni che le spinte sessantottine hanno vissuto e l’impatto che hanno esercitato nel nostro Paese. La conclusione che ne trae è che «la pars destruens a cui ci si è applicati in questi cinquant’anni non ha dato parallelamente luogo all’affermarsi di una pars costruens che abbia pacificato, almeno relativamente, la nostra cultura» (p. 120). La conseguenza è che fatichiamo a «fabbricarci una prospettiva per il futuro» (p. 121), una dimensione essenziale che resta come un compito aperto per i giovani di oggi, che a partire della «coscienza dei limiti e degli errori del Sessantotto […] potrebbero avere un compito e un’occasione di importanza storica: riuscire a stabilizzare in senso positivo, a dare uno sbocco costruttivo alla grande transizione in cui ci troviamo coinvolti» (p. 128).

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