Il censimento nella Bibbia. Il censimento di Davide. Censimenti di ieri e di oggi
In questi anni si assiste a un buon numero di censimenti nazionali in
tutto il mondo. Secondo l'ufficio statistico dell'ONU, 70 Stati, tra
cui il nostro, hanno sottoposto a censimento i propri cittadini nel 2011
e soltanto Iraq, Myanmar, Somalia, Uzbekistan e Sahara Occidentale non
hanno in previsione di farlo nei
prossimi dieci anni. Tenere un conto possibilmente aggiornato degli
abitanti di un territorio non è un fenomeno soltanto contemporaneo.
Possiamo, anzi, affermare che siamo
di fronte a una prassi antica quanto la civiltà umana. In Cina sono
stati ritrovati documenti che testimoniano un censimento attorno al 4000
a.C., nell'area babilonese si
hanno le prime liste di popolazione, bestiame e beni datate al 3800 a.C.
(con l'indicazione di ripetere tale dopo sette anni!), mentre
nell'antico Egitto sono state trovate liste
dei sudditi del Faraone risalenti al 3340 a.C.
Eppure in ogni epoca
l'opposizione ai censimenti è sempre stata molto forte. I cittadini non
potevano aspettarsi niente
di buono da questo strumento: le ragioni principali per conoscere i dati
sulla popolazione erano la guerra e le tasse. I sovrani potevano
decidere se fare guerre solo sapendo quanti
uomini erano idonei all'arruolamento e quanto denaro si poteva prelevare
con le tasse. Attraverso questi conteggi era possibile l'esercizio
violento e dispotico del potere, così
come è ben dipinto dalle parole critiche che leggiamo nel Primo libro di Samuele 8, 10-18: Questo
sarà il diritto del re che regnerà su di voi: prenderà
i vostri figli per destinarli ai suoi carri e ai suoi cavalli, li farà
correre davanti al suo cocchio, li farà capi di migliaia e capi di
cinquantine, li costringerà
ad arare i suoi campi, mietere le sue messi e apprestargli armi per le
sue battaglie e attrezzature per i suoi carri. [...] Vi prenderà i servi
e le serve, i vostri armenti
migliori e i vostri asini e li adopererà nei suoi lavori. Metterà la
decima sulle vostre greggi e voi stessi diventerete suoi servi.
Il censimento nella Bibbia
Esodo 30, 11-16
11 Il Signore parlò a Mosè e gli disse: 12
«Quando per il censimento conterai uno per uno gli Israeliti,
all'atto del censimento ciascuno di essi pagherà al Signore il riscatto
della sua vita, perché non li colpisca un flagello in occasione del loro
censimento. 13
Chiunque verrà sottoposto al censimento, pagherà un mezzo siclo,
conforme al siclo del santuario, il siclo di venti ghera. Questo mezzo
siclo sarà un'offerta
prelevata in onore del Signore. 14 Ogni persona sottoposta al censimento, dai venti anni in su, corrisponderà l'offerta prelevata per il Signore. 15
Il ricco non darà di più e il povero non darà di meno di mezzo siclo,
per soddisfare all'offerta prelevata per il Signore, a riscatto delle
vostre vite. 16
Prenderai il denaro espiatorio ricevuto dagli Israeliti e lo impiegherai
per il servizio della tenda del convegno. Esso sarà per gli Israeliti
come un memoriale davanti al
Signore, per il riscatto delle vostre vite».
L'atteggiamento dei testi biblici nei confronti del censimento del
popolo è molto interessante. Anche se vari sono i testi in cui questo
risulta un semplice strumento
di conteggio degli israeliti, è altrettanto chiaro che si tratta sempre
di una sorta di operazione "sacrale", dato che la vita di ogni singolo e
l'esistenza stessa
del popolo è nelle mani di Dio. All'inizio del libro di Numeri - che proprio al conteggio degli israeliti deve il nome -, l'indizione del censimento è infatti
proposta come obbedienza a un preciso comando di Dio: Il Signore
parlò a Mosè, nel deserto del Sinai, e disse: «Fate il computo di tutta
la comunità
degli Israeliti, secondo le loro famiglie, secondo i loro casati
paterni, contando i nomi di tutti i maschi, testa per testa, dai
vent'anni in su, quanti in Israele possono andare
in guerra; tu e Aronne li censirete, schiera per schiera. Sarà con voi
un uomo per tribù, un uomo che sia capo del casato dei suoi padri»
(1, 1-4). Utile
è notare come il censimento non sia soltanto nelle mani del "sovrano",
qui eventualmente rappresentato da Mosè, ma debba essere compiuto
coinvolgendo i sacerdoti
(Aronne) e ogni tribù debba avere i propri rappresentanti. Ancora più
esplicito nel sottolineare il carattere sacrale di un tale provvedimento
è Esodo
30, 11-16.
Questo testo mette in luce tutta l'ambivalenza con cui
veniva percepito nelle antiche culture l'atto di contare e di fare delle
liste di nomi delle persone. Strumento
"normale" di gestione politica e amministrativa, il censimento sembra
essere qualche cosa che necessiti di un'espiazione, di un riscatto per la vita, perché
non li colpisca un flagello. In molte culture del mondo antico,
infatti, tra cui quelle vicine a Israele, si riteneva che contare le
persone o dire e scrivere il loro nome ad
alta voce potesse aprire la porta agli spiriti del male (con conseguenti
malocchio, sfortuna ed eventi funesti). Per questo solitamente si
trovano connesse ai censimenti delle ritualità
apotropaiche. Nel testo di Esodo, queste si configurano come un'offerta monetaria prelevata in onore del Signore, uguale per tutti, che riscatta la vita di coloro
dai vent'anni in su, ovvero tutti coloro che erano adatti alla
guerra. Si coglie bene il rapporto che c'è tra un'eventuale guerra e un
tale conteggio. Ecco dove risiede
la sacralità del gesto, dato che è in gioco la vita e la morte di questi
uomini: qualunque possibile utilizzo della loro enumerazione da parte
dei governanti di Israele
nella storia non deve uscire dalla relazione sacrale di Israele con il
proprio Dio.
Il censimento di Davide
2Samuele 24, 1-10
1 L'ira del Signore si accese di nuovo contro Israele e incitò Davide contro il popolo in questo
modo: «Su, fa' il censimento d'Israele e di Giuda». 2 Il re disse a Ioab, capo dell'esercito a lui affidato: «Percorri tutte le tribù d'Israele,
da Dan fino a Bersabea, e fate il censimento del popolo, perché io conosca il numero della popolazione». 3
Ioab rispose al re: «Il Signore, tuo Dio,
aumenti il popolo cento volte più di quello che è, e gli occhi del re,
mio signore, possano vederlo! Ma perché il re, mio signore, vuole questa
cosa?».
4 Ma l'ordine del re prevalse su Ioab e sui comandanti
dell'esercito, e Ioab e i comandanti dell'esercito si allontanarono dal
re per fare il censimento del popolo d'Israele.
[...] 8 Percorsero così tutto il territorio e dopo nove mesi e venti giorni tornarono a Gerusalemme. 9 Ioab consegnò al re il totale del censimento
del popolo: c'erano in Israele ottocentomila uomini abili in grado di maneggiare la spada; in Giuda cinquecentomila. 10
Ma dopo che ebbe contato il popolo, il cuore di
Davide gli fece sentire il rimorso ed egli disse al Signore: «Ho peccato
molto per quanto ho fatto; ti prego, Signore, togli la colpa del tuo
servo, poiché io ho commesso
una grande stoltezza».
È in questo contesto che occorre leggere il più famoso dei brani biblici sull'argomento. Nell'ultimo capitolo del Secondo libro di Samuele,
quasi al termine
dei lunghi racconti che ci hanno trasmesso la vita e le opere del re
Davide, troviamo infatti la narrazione del peccato più grave della sua
vita: appunto, l'indizione del
censimento del popolo.
La storia comincia con l'inquietante immagine
di un Dio pieno di ira che spinge al peccato Davide (si veda per una
breve spiegazione della categoria dell'ira
di Dio il nostro precedente articolo «Mitezza», in Aggiornamenti Sociali, 11 (2011) 713-716, anche in <www.aggiornamentisociali.it>). Il racconto parallelo
di 1Cronache 21, 1 attribuisce questo "suggerimento" a Satana (termine che etimologicamente significa avversario, nemico). Non è un
fatto particolarmente strano che si assista a uno sviluppo teologico all'interno della Scrittura. Se nella narrazione di 2Samuele
si nota la propensione ad attribuire tutto
all'unico Dio, sia il bene che il male (normalmente in vista di un
disegno globale che giunge al bene), in epoca successiva (quella di 1Cronache,
composta più di tre
secoli dopo) si evidenzia maggiormente come bene e male siano i due poli
di una lotta alla quale sovrintendono due "nemici": Dio da un lato e Satana dall'altro.
L'artificio letterario del suggerimento dettato dall'ira o dal nemico serve comunque unicamente per rendere chiaro al lettore, fin da subito, che ciò che Davide si
appresta a fare è un male.
Viene qui risolta quell'ambiguità che
abbiamo incontrato nei testi precedenti riguardo al censimento. La
risposta che il nostro brano
fornisce va nella direzione dell'assoluta indisponibilità della vita del
popolo da parte del sovrano. Tutto il popolo e la vita dei singoli
appartengono al Signore e non
ai "capi" (cfr Levitico 26, 11-13; Giosuè 24, 2-18; 2Samuele
7, 8-11). Il racconto esprime bene come Davide si ponga come un "io"
assoluto che, attraverso il computo della sua consistenza, vuole
"possedere" quel popolo che è "di Dio", anziché esserne al servizio:
«perché
io conosca il numero della popolazione». La risposta del generale
Ioab tenta di ricollocare il ruolo di Dio e di Davide in questa
dinamica: «il Signore, tuo
Dio, aumenti il popolo cento volte più di quello che è, e gli occhi
del re, mio signore, possano vederlo». Nel racconto parallelo di 1Cronache
21,
5-6, questo generale addirittura trasgredisce all'ordine del re, non
osando fare il censimento di tutte le tribù ed escludendo le due più
"sacre", quella
di Levi e quella di Beniamino, perché l'ordine del re gli sembrava abominevole.
«Davide non vuole riconoscere la proprietà di Dio, ma vede il popolo di
Israele come la sua forza, la sua ambizione. In termini più moderni,
possiamo dire che il censimento significa possesso, efficacia, potere,
nell'intenzione di Davide. L'umile
servo cade nella tentazione di sentirsi padrone, acquista anzi un cuore
da padrone, entra nello spirito del possesso. Egli vuole misurare il
successo, averne il segreto, essere
certo dell'efficacia. Il risultato è meraviglioso: Israele contava
ottocentomila uomini capaci di maneggiare la spada, e Giuda
cinquecentomila. Davide non ha più bisogno
di appoggiarsi a Dio perché ormai è il re più potente della terra e può
fare da solo!» (C.M. MARTINI, Davide peccatore e credente, Piemme,
Milano 2000, 51).
Terminato il censimento, si dice che il cuore di Davide gli fece sentire il rimorso. In realtà l'espressione ebraica potrebbe essere meglio tradotta
con il cuore di Davide lo colpì, espressione che ricompare solo un'altra volta nella sua storia, quando egli tagliò il lembo del mantello di Saul, avendo la
possibilità di ucciderlo. Il rimorso di Davide era giustificato nel racconto da quest'espressione: Mi guardi il Signore dal fare una cosa simile al mio re, al consacrato
di Dio, dallo stendere la mano su di lui, perché è il consacrato del Signore (1Samuele 24, 6-7). Si trattava di aver messo la mano su qualcuno che era "proprietà"
di Dio. La stessa cosa avviene qui con il censimento.
Come ci si aspetterebbe, al peccato di Davide segue la punizione divina (2Samuele
24, 15-17), pur apparendo evidente
che non siamo di fronte a una cronaca, ma all'espediente narrativo che
svela la radice della malizia del re, come sottolinea anche Carlo Maria
Martini: «che cos'è il
castigo del Signore? È esattamente il contrario dell'ipnosi del
successo; è l'angoscia dell'insuccesso totale. Davide, infatti, si vede
spossessato dei suoi uomini:
ne muoiono settantamila. Al posto dell'efficacia, vede frantumarsi la
struttura del suo popolo. Al posto del potere, sente tutta l'impotenza
dell'uomo di fronte al flagello della
peste. Egli sperimenta la propria debolezza, l'inutilità di tutte le
misure umane e si accorge di essere in balìa di circostanze
imprevedibili» (ivi,
52-53).
Censimenti di ieri e di oggi
Nell'ottobre 1916 l'alto comando militare germanico ordinò lo
Judenzählung
(censimento ebraico), a seguito della campagna antisemita che voleva
gli ebrei tedeschi
colpevoli del cattivo andamento della guerra mondiale. Questa fu
l'origine delle liste che permisero la realizzazione delle leggi
razziali naziste, fino al successivo grande censimento
del 1938 e all'imposizione di somministrare censimenti simili in ogni
territorio che la Germania andava conquistando in Europa. Il desiderio
di dominio che nasce dal controllo delle
informazioni è allora tentazione non solo antica per i governanti.
L'obbligo di fornire dati personali per legge è quindi argomento sempre
delicato - vale la pena
ricordare la campagna di boicottaggio avvenuta proprio in Germania nel
1987, in occasione del primo censimento dal dopoguerra.
Non vi è
dubbio che le attuali normative
stabiliscano limiti piuttosto rigidi sul genere di domande da porre,
limitando le informazioni a quelle di tipo statistico, reperibili anche
altrove, per cui nessuna vera informazione
personale (riguardante ad esempio le opinioni, le scelte quotidiane, la
religione, le abitudini, gli orientamenti sessuali, il reddito e il
patrimonio, ecc.) viene rilevata. Così
oggi il censimento viene proposto e percepito più come una "fotografia"
di una nazione che come una raccolta di informazioni, e risulta uno
strumento fondamentale
in ogni Paese ben organizzato. Come scriveva Lev Tolstoj in un articolo
del 1882: «L'interesse e il significato del censimento è che offre uno
specchio in cui, volente
o nolente, l'intera comunità, e ognuno di noi, si guarda». Ecco perché è
fondamentale che i dati raccolti restino unicamente strumento utile
affinché
i governanti possano meglio conoscere la fisionomia di quel corpo
sociale il cui bene comune hanno il compito di servire.