La Esperanza (Honduras), notte del 3 marzo, Berta Caceres viene freddata a colpi di arma da fuoco. È solo l’ultimo nome in una lunga lista di donne che hanno pagato con la loro vita l’impegno a difesa dell’ambiente.
L’ecologista indigena honduregna nel 2015 aveva ottenuto il Premio Goldman, una sorta di “Nobel verde”, per la sua lotta contro la costruzione di quattro grandi dighe nel bacino del fiume Gualcarque. Il progetto era stato approvato in modo illegale, senza consultare la comunità indigena locale, come previsto dal diritto internazionale e avrebbe, secondo Caceres, danneggiato la principale fonte di acqua potabile e irrigazione della comunità. La sua è stata una morte annunciata perché aveva ricevuto diverse minacce.
Ricordare oggi, 8 marzo, Berta, vuol dire fare memoria di tutte quelle attiviste che hanno dato la vita per la difesa dell’ambiente, della salute e della vita degli ultimi. Perché di questo si tratta.
Il
Rapporto Deadly Environment, redatto nel 2014 dall'organizzazione Global Witness, fotografa una realtà in drammatica crescita: negli ultimi 10 anni il numero di assassini degli attivisti per l'ambiente è quasi triplicato, passando dai 51 del 2002 ai 147 del 2012. In America Latina sono avvenuti l’80% degli omicidi e nella classifica il Brasile occupa il primo posto, seguito dall’Honduras e dal Perù; in Asia il triste primato spetta alle Filippine con la Thailandia a ruota. Si muore per difendere le terre e quelle dei propri popoli dall’accaparramento (
land grabbing), dalle operazioni minerarie e dal commercio del legname; per mantenere i livelli essenziali di tutela delle acque e più in generale per difendere le risorse naturali delle popolazioni indigene.
Ma perché la tutela dell’ambiente è, specie nei Paesi del Sud del mondo, una questione al femminile? Perché sono soprattutto loro – le donne – a spendersi e a pagare di persona, anche con la vita, per difendere la Terra? Se guardiamo ai cambiamenti climatici, a causa delle inique relazioni di potere all’interno della famiglia e delle comunità, a causa degli ostacoli sociali, culturali, economici e politici, sono le donne una delle categorie più colpite dagli impatti negativi dei mutamenti climatici. Eppure sono spesso loro a essere agenti di cambiamento perché «fra i poveri più abbandonati e maltrattati, c’è la nostra oppressa e devastata terra» (Laudato Si', n. 2).
Donne agenti di cambiamento verde, purché restino in vita.