I passi di Isaia presi in considerazione ruotano attorno a una problematica che attraversa la Bibbia intera. Alla base di tutto si trova la convinzione che ogni persona, se così si può dire, è ciò che ascolta. Le parole che lascia entrare nel cuore un po’ alla volta la segnano, la modellano a loro immagine. Per questo ogni israelita deve porre al primo posto l’ascolto e l’adesione a colui che è l’Origine della sua vita. Ciò trova chiara espressione nel passo di
’, titolo che gli deriva dalla parola ebraica iniziale: «Ascolta!».
Deuteronomio 6,4-9 4 Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, unico è il Signore. 5 Tu amerai il Signore, tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze. 6 Queste parole che oggi ti do, ti stiano fisse nel cuore. 7 Le ripeterai ai tuoi figli, ne parlerai quando ti troverai in casa tua, quando camminerai per via, quando ti coricherai e quando ti alzerai. 8 Te le legherai alla mano come un segno, ti saranno come un pendaglio tra gli occhi 9 e le scriverai sugli stipiti della tua casa e sulle tue porte.
Giustamente considerato il cardine della spiritualità ebraica, esso evidenzia l’atteggiamento che il credente deve far proprio ogni giorno: ascoltare, così da accogliere nel cuore la parola dell’Altro. È significativo che nella recitazione quotidiana dello
Shema’ «ogni israelita si pone una mano davanti agli occhi, per significare che il mistero di fede annunciato da queste grandi parole, è un mistero accessibile all’ascolto e non alla visione» (MELLO A., «“Ascolta, Israele!”. L’ascolto della parola nel Deuteronomio», in
Parola, Spirito e Vita, 1 [1980] 27-41, qui 38). Assaporando giorno e notte la parola del suo Signore, attestata nella Bibbia (cfr
Salmo 1), il credente affina l’orecchio, imparando a cogliere gli appelli che risuonano nei linguaggi e negli avvenimenti della storia. Nelle attese e nelle aspirazioni, nelle angosce e nei fallimenti del suo tempo, egli impara a percepire la voce di Dio, a interpretare il senso delle vicende in cui è inserito.
Dunque, le parole che fanno breccia in noi risultano determinanti: modellano la nostra coscienza e orientano le nostre scelte. Stante questo dato di fondo, si pone una questione a cui nessuno può sfuggire: chi si ascolta? A quali parole si presta attenzione?
Al giorno d’oggi
Quanto accaduto al tempo di Isaia si ripropone di continuo. Anche oggi. Di fronte alla crisi perdurante, non solo né in primo luogo economica, si avverte la stessa sensazione di accerchiamento che provarono i giudei sotto la pressione dell’Assiria. Si rischia, allora, di adeguare acriticamente il proprio giudizio a forme di ideologia (falsamente) rassicuranti, che vanno imponendosi nell’opinione pubblica. «Chi governa tende a creare servilismo; e anche coloro che per vocazione sarebbero chiamati a parole coraggiose di libertà sentono il fascino del consenso nei confronti del potente, e accettano, per sopravvivere o per fare carriera, di sottomettere la verità alle opinioni vincenti» (BOVATI P., “Così parla il Signore”. Studi sul profetismo biblico, EDB, Bologna 2008, 8). Data questa deriva, si finisce per convincersi che l’unica soluzione sia ricorrere al faraone di turno, sposando letture semplicistiche della realtà e appoggiando soluzioni basate sulla mera logica della forza. La follia, denunciata dal profeta, si ripresenta puntualmente. Basti pensare all’assurdità delle spese per gli armamenti. Si impiegano ingenti capitali per la sicurezza, sottraendo risorse alla ricerca, all’istruzione, alla sanità. Volendo garantirsi il futuro, si finisce per vivere il presente nell’incertezza e nella precarietà! Come afferma papa Francesco, la corsa agli armamenti «serve solo a cercare di ingannare coloro che reclamano maggiore sicurezza, come se oggi non sapessimo che le armi e la repressione violenta, invece di apportare soluzioni, creano nuovi e peggiori conflitti» (Evangelii gaudium, n. 60).
Dunque, anche per il nostro tempo vale il monito di Isaia a non comportarsi da ubriachi che hanno il cervello annebbiato e a tornare a ragionare, al quale si continua a replicare: «Non parlateci chiaro; diteci cose piacevoli, propinateci illusioni». Queste parole esprimono bene una tendenza radicata nell’animo umano: la propensione a prestare ascolto a ciò che si vuole sentirsi dire, a dare credito a chi promette soluzioni facili, che non mettono in discussione le proprie idee e il proprio comportamento. Ma con esiti spesso fatali.