Un incipit d’altri tempi. «Uomo e ambiente sono facce della stessa medaglia. Chi non rispetta l’ambiente non rispetta se stesso». Questa frase con cui si apre il quarto capitolo del Contratto per il Governo del cambiamento (
nella versione, pare l’ultima, del 16 maggio) sembra scritta decine di anni addietro, quando l’ambientalismo degli albori ancora distingueva in modo netto tra l’essere umano e l’ambiente, inteso per lo più come natura. Oggi le due facce della stessa medaglia non sono più l’uomo e l’ambiente, perché il primo è parte del secondo e viceversa, ma soprattutto perché l’ambiente non è più un oggetto, ma una relazione.
Le due facce della stessa medaglia sono piuttosto il «grido dei poveri» e il «grido della terra», ovvero le disuguaglianze sociali e le crisi ecologiche. A giugno saranno trascorsi tre anni dall’uscita dell’enciclica di papa Francesco sulla cura della casa comune, la Laudato sì’. Da allora anche l’ambientalismo più lontano dal Vaticano è stato conquistato dall’ecologia integrale, da quell’ecologia non sono ambientale, ma anche sociale, economica, istituzionale, secondo la quale tutto è in relazione, tutto è connesso.
Con questo Contratto, per ora, si è persa l’occasione di affrontare la questione ambientale assieme al divario tra chi sfrutta le risorse naturali e il resto del mondo, un divario che oggi non ha precedenti nella storia del nostro Paese.
Davvero un’occasione mancata. Eppure in questi giorni vi sono stati espliciti inviti ad andare nella direzione di un reale cambiamento, come
la proposta di un Ministero della transizione ecologica e solidale, che è già una realtà in Francia, perché le ingiustizie sociali possano (anzi, devono) essere affrontate assieme ai problemi ambientali.
Certo, poi il capitolo del Contratto, dal titolo "Ambiente, Green Economy e rifiuti zero" propone una serie di tematiche meritevoli (economia circolare, riduzione dei rifiuti, prevenzione del dissesto idrogeologico, limite al consumo di suolo, inquinamento, cambiamenti climatici), sulle quali è bene ricordare che in Italia non siamo all’anno zero, grazie anche all’Unione europea. Tuttavia, resta il fatto che affrontare le singole questioni in maniera isolata e frammentaria alla lunga non paga; le soluzioni, per poter essere efficaci e durature, hanno bisogno di integrarsi tra di loro e in una visione più ampia della realtà.
Infine spiace constatare che nel Contratto c’è un grande assente: gli stili di vita. Perché l’impegno e la responsabilità dei singoli cittadini, di ciascuno di noi, possono fare la differenza, anche in un programma di Governo! Onestamente speravamo in un’autentica e coraggiosa rivoluzione culturale, almeno su questo.