Accogliere i profughi ucraini: trasformare le emozioni in proposta politica

Come rinnovare le politiche di accoglienza dell'Unione Europea? Il commento alla luce della situazione in Ucraina.

Il grande afflusso di profughi dall’Ucraina impone di interrogarsi di nuovo sulle politiche migratorie e sui meccanismi che permettono di accogliere chi fugge da conflitti e gravi minacce nei propri Paesi di origine. «L’occasione è preziosa per ridisegnare un’Europa solidale verso i rifugiati di tutte le guerre e di tutte le persecuzioni», scrive Maurizio Ambrosini, docente di Sociologia dell’Ambiente e del Territorio all’Università Statale di Milano e membro del gruppo di esperti di Aggiornamenti Sociali. Pubblichiamo di seguito un suo contributo su questo tema, che fornisce un’interessante chiave di lettura della discussione oggi in atto fra i Paesi membri dell’Unione Europea sul fronte della crisi dei rifugiati.

 

Le emozioni contano

Succede che dal male a volte nasca il bene. Siamo travolti dalle notizie sconvolgenti del ritorno della guerra sul suolo europeo, ma lo sconcerto e la protesta contro la guerra si stanno traducendo in un’apertura all’accoglienza dei profughi (stimati al momento in 800mila, ma in rapido aumento) che coinvolge Paesi a lungo ostili ai rifugiati e forze politiche che per anni avevano inalberato, non senza successo, la bandiera della chiusura dei confini.

Le emozioni contano, probabilmente anche più che in passato, quando ideologie e convinzioni religiose le incanalavano maggiormente, e oggi spingono verso l’accoglienza e aprono una finestra di opportunità per una nuova visione dell’asilo e dell’immigrazione. Bisogna però trasformare le emozioni positive in proposta politica, e bisogna farlo in fretta, prima che si dissolvano: gli slanci emozionali non durano a lungo. Lo si è già visto nel 2015, soprattutto in Germania, quando il patrimonio della grande mobilitazione della “lunga estate della solidarietà” in gran parte è velocemente evaporato sotto la spinta di emozioni di segno opposto, generate dagli attentati di novembre a Parigi e dai fatti di Capodanno in Polonia.

 

Estendere la solidarietà

L’accoglienza dei rifugiati ucraini ha prodotto anzitutto una breccia nel muro di Visegrad, quello dei Paesi dell’Europa orientale che non volevano profughi dalle guerre mediorientali, e un’altra breccia nel muro di Dublino, quello delle convenzioni che intendevano bloccare i richiedenti asilo nel primo Paese sicuro. 

La sfida è ora quella di passare dalla sospensione momentanea di quelle scelte, che hanno finito per disegnare un’Europa dimentica dei propri valori umanitari, alla loro radicale revisione. Ma non solo. La sfida riguarda anche l’estensione della solidarietà: il rischio è di riservarla agli ucraini, europei, bianchi, cristiani, come se gli altri profughi non la meritassero, o non spettasse a noi garantirgliela. Sono già giunte notizie di immigrati extraeuropei in fuga dall’Ucraina che hanno dovuto affrontare chiusure e discriminazioni ai confini. L’occasione è preziosa per ridisegnare un’Europa solidale verso i rifugiati di tutte le guerre e di tutte le persecuzioni. 

 

Accoglienza diffusa

C’è poi un versante interno della solidarietà da costruire: realizzare un’accoglienza diffusa, duratura e condivisa, sul territorio, con la partecipazione di enti locali, organizzazioni della società civile, comitati di cittadini, comunità ecclesiali. Gli stessi immigrati (e immigrate, visto che di donne soprattutto si tratta) che già abitano le nostre realtà potranno dare un importante contributo, come guide e mediatori culturali nei confronti dei nuovi arrivati. Che la crisi ucraina possa essere il seme di una nuova solidarietà senza confini.

3 marzo 2022
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