Abitare la terra, custodirne i beni

Simone Morandini
Proget Type Studio, Bari 2012, pp. 202, € 14
Scheda di: 
Fascicolo: aprile 2013

Che cosa può dire un esperto di etica teologica, quale è Simone Morandini, su una crisi ecologica sempre più globale, che «interessa l’intera famiglia umana nella varietà delle sue espressioni e dei luoghi in cui essa abita» (p. 14)? Senza la pretesa di fornire risposte esaustive, l’intento, pienamente raggiunto, è quello di comprendere responsabilità e obblighi, possibilità e virtù, ma soprattutto le forme e le modalità attraverso le quali l’etica «ci consente di pensare in forme nuove la condizione umana, in un tempo di crisi» (p. 15).

In profonda sintonia con la crescente attenzione che le Chiese cristiane vantano sulla “responsabilità per il creato”, il volume si struttura in quattro parti, di cui le prime due offrono lo sfondo teorico e le ultime due concretezza operativa: «la prima sezione disegna così le coordinate teologiche fondamentali di un’etica della cura del creato, che nella successiva viene meglio caratterizzata nel segno della sostenibilità, in un dialogo con alcune posizioni etico-ambientali» (p. 15). Nella terza parte si affrontano alcuni temi chiave dell’etica dell’ambiente (acqua, energia, mobilità e paesaggio), mentre l’ultima è strategicamente dedicata alla dimensione educativa, visto che la realizzazione della sostenibilità intreccia i comportamenti pubblici con quelli personali e comunitari.

Il cuore del volume, e a nostro avviso la parte più promettente, è la declinazione dell’etica ambientale nella prospettiva della sostenibilità. La riflessione etico-politica degli ultimi decenni ha posto al centro «la sostenibilità come la capacità di soddisfare i bisogni della generazione presente, senza pregiudicare analoga possibilità per quelle future» (p. 95), riprendendo la famosa definizione dal Rapporto Bruntland del 1987. Ciò significa che l’etica della sostenibilità chiama in causa la giustizia intergenerazionale e intragenerazionale; è una prospettiva impregnata di responsabilità verso il futuro, è un guardare al domani non autoritario, come se si «volesse predefinire in anticipo opzioni che solo i nostri discendenti potranno esprimere, ma è piuttosto garantista, intesa cioè a salvaguardare proprio la futura possibilità di esprimerle» (p. 97). Inoltre l’etica della sostenibilità permette di «pensare il rapporto all’ambiente naturale come componente significativa di un’antropologia e di un’etica fondamentale» (p. 99) e, richiamando il pensiero della filosofa americana Martha Nussbaum, consente all’ambiente di entrare a pieno titolo nell’elenco di quelle capacità che qualificano l’umanità di un’esistenza. «Se le relazioni interpersonali – come quelle culturali e sociali – contribuiscono a fare di noi le persone che siamo e a dar forma alle città che abitiamo, ciò avviene sempre in una relazione con la terra in cui esse si collocano. Anche nei suoi confronti viviamo una prossimità fondante originaria: non possiamo pensare adeguatamente un’etica sociale – e forse in realtà neppure quella personale – senza riferimento alla dimensione ambientale, come, d’altra parte, la stessa sostenibilità va declinata considerandone la dimensione sociale» (p. 101).

Senza disconoscere la complessità che l’approccio della sostenibilità porta con sé, l’A. denuncia che troppo spesso nel dibattito politico corrente se ne privilegia la dimensione economica, tralasciando quella ambientale e sociale. Per riequilibrare il tutto, ma soprattutto per interrogarsi seriamente su quale figura di uomo e di società si desideri costruire, vengono indicati alcuni orizzonti di fondo, attraverso le «parole per la sostenibilità» (p. 108), quali i principi di giustizia, di sussidiarietà, di responsabilità, di prevenzione e precauzione e la prospettiva ecosistemica, che invita a considerare ogni realtà non solo nel suo valore singolare, ma anche nel suo ruolo in ordine alla stabilità e alla vitalità dell’ecosistema. Accanto a tali «parole», Morandini propone alcune virtù: la gratitudine, la sobrietà (articolata in ecosufficienza ed ecoefficienza), la solidarietà globale, la fraternità creaturale – «con un’attenzione per gli animali come compagni della creazione, ma anche ad una spiritualità del respiro cosmico, capace di cogliere l’agire ed il sentire umani all’interno del vasto orizzonte della creazione di Dio» (p. 114) – e la cura, per la terra e per i viventi, «compagni della creazione» (ivi). «Se la rilevanza dei principi precedentemente evocati interessa in primo luogo l’elaborazione etico-sociale, le virtù appena richiamate coinvolgono anche immediatamente le concrete esistenze delle persone e della comunità. È importante in tal senso che essi entrino a far parte della riflessione morale, ma anche della pratica pastorale delle comunità credenti» (ivi).

La dualità di teoria e applicazione, che pure struttura l’intero volume, è sostanzialmente superata grazie a un continuo gioco di rimandi in cui la prima fornisce principi per esercizi di discernimento a beneficio di un’«educazione allo sviluppo equo e sostenibile e a stili di vita che ad esso orientino» (p. 179). Un’educazione, specie nell’età adolescenziale e giovanile, orientata a «comprendere che l’attenzione per la sostenibilità non è un contenuto in più, che rischierebbe di porsi in concorrenza con quelli della formazione curricolare, ma piuttosto un punto di vista che consente di integrare e reinterpretare in modo significativo contenuti spesso già presenti nei percorsi formativi dei destinatari» (pp. 187-188).

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