Abitare la terra
Una visione cristiana dell'ecologia
Elizabeth Theokritoff
Qiqajon, Magnano (BI) 2012, pp. 247, € 24
Con linguaggio preciso e ricco di immagini, la teologa ortodossa Elizabeth Theokritoff, docente dell’Istituto ecumenico svizzero di Bossey, ci guida nel rapporto tra teologia e ambientalismo, tra cristianesimo e creazione, senza tralasciare le questioni più sottili. «Il fatto che invochiamo con tanta facilità la tecnologia come la panacea rivela un aspetto del moderno modo di vedere le cose che potrebbe avere molto a che fare con gli odierni mali ambientali: una cultura del controllo» (p. 10). A partire da questa considerazione, l’A. aggancia il lettore sulla “superficie” della vita quotidiana per condurlo tra i contributi dei Padri del pensiero teologico, «sul posto dell’uomo nel mondo, sulla volontà del Creatore per la sua creazione e sul modo in cui Dio si serve della natura per guidarci e istruirci» (ivi). Ne scaturisce un’esplorazione dell’ecologia cristiana attraverso il rapporto dell’uomo con il mondo materiale e con l’intero ecosistema: «Non possiamo accogliere il misantropico pessimismo dell’“aiuta a salvare la terra: commetti un suicidio”. Ma se sostituiamo “commetti un suicidio” con “muori al mondo” […] lo slogan diventa straordinariamente appropriato» (p. 102). Alla ripresa dei Padri segue un capitolo sui santi, donne e uomini in grado di vivere “in armonia” con il mondo e con l’ambiente. Piuttosto che liquidarli come lontani e irraggiungibili – sostiene l’A. – occorre riflettere che forse la nostra esperienza della realtà è incompleta. La materia stessa dei segni sacramentali di cui il credente “si nutre” non è materia divina da contrapporre a materia profana, semmai è materia “svelata”, che rivela la qualità sacramentale delle cose di ogni giorno. Il libro si rivela un vero e proprio armamentario per rileggere le basi teologiche di una ecologia cristiana, e per affrontare quei nodi biblici che hanno spesso portato a vivere l’antropocentrismo cristiano come dominio illimitato su una creazione “da consumare”. Ne sono prova le conseguenze “politiche” nella vita personale e sociale espresse di fronte a «un aspetto della crisi ambientale di cui nessuno vuole parlare: le prospettive per la qualità della nostra vita» (p. 192). Nel finale l’A. pone un problema di fondo: come di fronte alle ricchezze della tradizione ortodossa citate a sostegno di un’ecologia cristiana, la prassi sia spesso inadeguata o inesistente, in un’abdicazione di quell’essere tutti “sacerdoti della creazione”. «Agire personalmente significa lavorare sul nostro io più profondo, lottare contro […] tutto ciò che distorce le nostre relazioni con il Creatore come con la creazione. […] Una vera preoccupazione per il benessere dei nostri simili porta necessariamente a una preoccupazione per il loro ambiente» (p. 241).
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