A mani nude. Don Pino Puglisi

Vincenzo Ceruso
San Paolo, Cinisello Balsamo (Mi) 2012, pp. 110, € 10
Scheda di: 
Fascicolo: maggio 2013
Quando si incontrano figure come quella di padre Pino Puglisi, affettuosamente chiamato “3P” dai suoi alunni, si può correre il rischio di confinarlo in un’etichetta, ad esempio quella di prete anti-mafia, non cogliendo così il valore ben più ampio della sua testimonianza di fede e di speranza. Con il suo libro Vincenzo Ceruso, allievo di 3P al ginnasio, contribuisce a darne un ritratto più completo individuando nel dialogo con i giovani l’«autentica cifra spirituale di Puglisi lungo tutta la sua esistenza» (p. 28). Un dialogo volto a «costruire speranza tra la gente» (p. 100) in un futuro migliore. Fin dall’inizio del suo ministero, padre Puglisi, uomo di profondo ascolto e sempre disponibile ad «un dialogo franco e senza reticenze» (p. 57), fu animato da questa attenzione speciale per i giovani che incontrava nelle parrocchie, nelle scuole o negli incontri che organizzava come responsabile vocazionale a livello diocesano e regionale. Questa stessa preoccupazione per il futuro dei più giovani si ritrova nella decisione di fondare il Centro Padre Nostro nel quartiere Brancaccio di Palermo. Padre Puglisi l’aveva pensato come «uno spazio liberato in cui sarebbe stato possibile piantare semi di speranza» (p. 38) grazie all’incontro tra i picciotti del quartiere malfamato e i giovani liceali o universitari a lui più vicini. Così il Centro, mettendo in contatto mondi distanti, presentava ai giovani del quartiere strade alternative a quella della criminalità, «faceva cadere la maschera di Cosa nostra e la mostrava per quello che era» (p. 104). In un quartiere abituato a fare compromessi «su quelle cose che altrove, in Occidente, sono diritti, come il lavoro e l’istruzione» (p. 74), padre Puglisi rifiuta ogni compromesso. Probabilmente furono proprio questo impegno e «l’opposizione al reclutamento dei giovani tra le file della manovalanza mafiosa» (p. 104) che spinsero la mafia a ucciderlo. Nella sua azione per ridare speranza a chi non ne aveva più, padre Puglisi lotta “a mani nude”, affidandosi alla fede, sempre più profonda grazie all’amore per la Parola di Dio e alla «fiducia nella preghiera come forza che cambia la storia» (p. 51). In questo suo impegno padre Puglisi non è mai solo: «tutto il suo itinerario spirituale fino a Brancaccio ci dice che egli era consapevole che, per cambiare il cuore della gente, occorreva una nuova evangelizzazione e che questa non richiedeva l’opera di un eroe solitario, ma di una comunità coraggiosa e coesa» (p. 80). Questo perché il sacerdote siciliano «considerava la Chiesa come uno spazio di libertà, dove libertà di coscienza e cammino di fede coincidevano e in cui nessuno doveva sentirsi escluso, ma accolto per quello che era» (p. 16).
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