A mani nude. Don Pino Puglisi
Vincenzo Ceruso
San Paolo, Cinisello Balsamo (Mi) 2012, pp. 110, € 10
Quando si incontrano figure come quella di padre Pino Puglisi,
affettuosamente chiamato “3P” dai suoi alunni, si può correre il rischio
di confinarlo in un’etichetta, ad esempio quella di prete anti-mafia,
non cogliendo così il valore ben più ampio della sua testimonianza di
fede e di speranza. Con il suo libro Vincenzo Ceruso, allievo di 3P al
ginnasio, contribuisce a darne un ritratto più completo individuando nel
dialogo con i giovani l’«autentica cifra spirituale di Puglisi lungo
tutta la sua esistenza» (p. 28). Un dialogo volto a «costruire speranza
tra la gente» (p. 100) in un futuro migliore. Fin dall’inizio del suo
ministero, padre Puglisi, uomo di profondo ascolto e sempre disponibile
ad «un dialogo franco e senza reticenze» (p. 57), fu animato da questa
attenzione speciale per i giovani che incontrava nelle parrocchie, nelle
scuole o negli incontri che organizzava come responsabile vocazionale a
livello diocesano e regionale. Questa stessa preoccupazione per il
futuro dei più giovani si ritrova nella decisione di fondare il Centro
Padre Nostro nel quartiere Brancaccio di Palermo. Padre Puglisi l’aveva
pensato come «uno spazio liberato in cui sarebbe stato possibile
piantare semi di speranza» (p. 38) grazie all’incontro tra i picciotti
del quartiere malfamato e i giovani liceali o universitari a lui più
vicini. Così il Centro, mettendo in contatto mondi distanti, presentava
ai giovani del quartiere strade alternative a quella della criminalità,
«faceva cadere la maschera di Cosa nostra e la mostrava per quello che
era» (p. 104). In un quartiere abituato a fare compromessi «su quelle
cose che altrove, in Occidente, sono diritti, come il lavoro e
l’istruzione» (p. 74), padre Puglisi rifiuta ogni compromesso.
Probabilmente furono proprio questo impegno e «l’opposizione al
reclutamento dei giovani tra le file della manovalanza mafiosa» (p. 104)
che spinsero la mafia a ucciderlo. Nella sua azione per ridare
speranza a chi non ne aveva più, padre Puglisi lotta “a mani nude”,
affidandosi alla fede, sempre più profonda grazie all’amore per la
Parola di Dio e alla «fiducia nella preghiera come forza che cambia la
storia» (p. 51). In questo suo impegno padre Puglisi non è mai solo:
«tutto il suo itinerario spirituale fino a Brancaccio ci dice che egli
era consapevole che, per cambiare il cuore della gente, occorreva una
nuova evangelizzazione e che questa non richiedeva l’opera di un eroe
solitario, ma di una comunità coraggiosa e coesa» (p. 80). Questo perché
il sacerdote siciliano «considerava la Chiesa come uno spazio di
libertà, dove libertà di coscienza e cammino di fede coincidevano e in
cui nessuno doveva sentirsi escluso, ma accolto per quello che era» (p.
16).
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