24/7 per 365

Chiara Tintori
Niente paura, non mi sono data alla matematica, ma una serie di motivi mi portano a riflettere sul bisogno indotto di essere attivi e connessi 24 ore su 24, per 7 giorni a settimana su 365 all’anno.

Sto gustando la lettura di 24/7. Il capitalismo all’assalto del sonno, di Jonathan Crary (Einaudi 2015), accorgendomi di quanto sia vero che oggi nelle nostre società occidentali stiamo concependo sistemi di produzione e consumo senza limiti di tempo. Secondo l’autore è in corso una vera e propria erosione del tempo dedicato al sonno: difficilmente il nostro smartphone viene spento quando non lo usiamo (ci viene detto che non gli fa bene!); l’alternativa tra on e off è sostituita dalla modalità sleep a risparmio energetico. Addirittura, «secondo le più recenti statistiche, il numero delle persone che si svegliano una o più volte a notte per controllare la casella di posta elettronica o i propri dati va aumentando in maniera esponenziale» (pp. 15-16, ivi).

Senza scomodare la disputa sull’apertura continuativa dei centri commerciali in termini di orari e di giornate, ricordate i ripetuti e corposi scioperi che hanno coinvolto la metropolitana di Londra questa estate? La motivazione di fondo è riconducibile alla volontà del sindaco Boris Johnson di garantire l’apertura di alcune linee tutta la notte, durante il week end, per eguagliare gli standard newyorkesi, senza adeguati riconoscimenti e incentivi per i lavoratori.
Ho sempre pensato che un Pianeta smart dovesse beneficiare di tutto ciò che rende più agevole l’organizzazione delle nostre giornate. Così è quando consultiamo referti sanitari on line, o comunichiamo istantaneamente con i famigliari (ovunque si trovino), quando possiamo pagare una multa dal portale del Comune, oppure prenotare un colloquio con i docenti dei nostri figli transitando da scuola on line, a qualunque ora del giorno.

Il tutto con il vantaggio di risparmiare tempo e meglio conciliare le diverse sfere della nostra vita (personale, famigliare, lavorativa, ecc.). Ma che fine fa questo tempo risparmiato? È tempo libero «da» tante attività, ma «per» che cosa e a vantaggio di chi?

Viene dedicato al riposo e a relazioni «off line» o più facilmente reinvestito in rete per chattare, essere presenti sui social network, giocare, fare acquisti on line, scaricare files, sempre e comunque in attività che ci vedono connessi? Ci resta tempo per guardarci negli occhi, per ascoltarci, per gustare la bellezza di panorami, senza il filtro di tablet e smartphone? Esperienze quotidiane, sui mezzi pubblici o in famiglia, ci dicono che difficilmente le nostre mani e i nostri occhi sono liberi da apparecchi vari, che ci rendono sempre connessi, ma che ci fanno perdere occasioni reali di incontro. 

Abbiamo davvero e sempre bisogno di restare connessi 24 ore al giorno, 7 giorni su 7 per tutto l’anno, che poi alla fine è per tutta la vita?

19 ottobre 2015
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