Pensare l’infosfera. La filosofia come design concettuale di Luciano Floridi è la traduzione, rivista e parziale, di un libro pubblicato in inglese sulla logica dell’informazione (The Logic of Information, Oxford University Press, Oxford 2019). All’interno della riflessione sul digitale che il filosofo italiano sta conducendo ormai da qualche decennio, questo saggio si colloca come terza parte di una tetralogia legata alla filosofia dell’informazione. I primi due volumi, The Philosophy of Information e The Ethics of Information, sono già stati pubblicati rispettivamente nel 2011 e nel 2013 mentre l’ultimo, riguardante la politica dell’informazione, è in corso di stesura. Come esplicitato dallo stesso Floridi nell’introduzione, l’oggetto di indagine del testo è la filosofia stessa, precisamente rispetto al suo metodo e alla sua natura. Ciò che a essa manca è proprio uno spazio fuori di sé in cui si possa avere un dibattito su cosa sia la buona filosofia. Floridi prova a crearlo definendo la filosofia come «passione per il sapere e il capire» (p. 10). Questo significa che per fare buona filosofia non basta porre domande o cercare risposte ma bisogna «avere coraggio nel porre le domande giuste al momento giusto e offrire le risposte corrette, anche se spiacevoli e impopolari» (p. 11). La situazione in cui la riflessione è situata si potrebbe sintetizzare così: «La filosofia oggi è un po’ come un computer che ha perso memoria a causa dei bachi del sistema. Bisogna riavviarla». La base da cui far ripartire la filosofia, per Floridi, si fonda su quella che lui stesso chiama «la quarta rivoluzione», ovvero quella delle tecnologie digitali che sempre più «influenzano il modo in cui concepiamo il mondo e ci rapportiamo a esso, così come il modo in cui concepiamo noi stessi e interagiamo tra noi» (p. 14).
Siamo dunque nell’era dell’infosfera, neologismo coniato dallo stesso filosofo italiano, che nasce sulla falsariga di “biosfera”, lo spazio in cui è possibile la vita sul nostro pianeta. In senso stretto, l’infosfera è la globalità dello spazio delle informazioni, nella quale sfuma la distinzione tra analogico e digitale, tra reale e virtuale, tra gli organismi biologici e gli artefatti ingegnerizzati. In questo senso la rivoluzione tecnologica può definirsi re-ontologizzante, in quanto modifica la natura intrinseca (l’ontologia) di ciò con cui entra in contatto.
È a questo proposito che la filosofia può dare il suo contributo. Per affrontare questa vera e propria rivoluzione, che tocca diversi ambiti della nostra vita, occorre ripensare una filosofia che sia in grado di accogliere le grandi sfide che abbiamo davanti. La situazione è stata messa a fuoco da Floridi in modo netto e chiaro: il mondo ha un disperato bisogno di filosofia, ma la filosofia è in un grave ritardo rispetto al mondo. Noi viviamo sempre “onlife”, ci ricorda Floridi, sottolineando con questo neologismo proprio la nostra esistenza ibrida tra reale e virtuale in cui la dimensione vitale, relazionale, sociale e comunicativa, lavorativa ed economica, è vista come frutto di una continua interazione tra la realtà materiale e analogica e la realtà virtuale e interattiva. Compito della filosofia è pensare questo nuovo habitat umano. Riavviare la filosofia è cruciale per cercare di fornire risposte convincenti a tutti noi, esseri umani immersi nel mondo rivoluzionato dalla tecnologia digitale. Si può comprendere allora perché il sottotitolo del saggio faccia riferimento alla filosofia come design concettuale: «Il compito proprio della pratica filosofica è legato all’arte di identificare e chiarire le domande aperte al disaccordo informato e ragionevole, e di disegnare, proporre e valutare risposte convincenti e chiarificatrici» (p. 53). Qui è la stessa attività filosofica che viene ripensata e maggiormente chiarita sotto l’impulso delle nuove tecnologie digitali; infatti, se la filosofia ha senso, non può essere riducibile al formulare domande, ma è anche necessario cercare buone risposte.
Per iniziare a comprendere in che modo la filosofia possa rispondere in maniera efficace, Floridi insiste sul tema del livello di astrazione. Ogni sistema (ogni insieme di oggetti o soggetti osservati) deve essere analizzato filosoficamente a un livello di astrazione, attraverso il quale è possibile generare un modello del sistema in grado di identificare proprietà che poi vengono attribuite al sistema stesso. Ma qual è il livello di astrazione più adatto per descrivere quella realtà che abbiamo chiamato infosfera? Floridi propende per quello che interpreta la realtà in termini informazionali, senza però ignorare il sistema-realtà in cui siamo immersi. L’idea è che, assunti questi presupposti tutt’altro che semplicemente metodologici, la filosofia possa ripensarsi come un’impresa costruttiva, coordinata al presente in cui viene praticata grazie all’inquadramento delle proprie domande entro livelli astrattivi concordati. Da questo punto di vista il saggio di Floridi si pone un obiettivo estremamente attuale e lungimirante: dar vita a una nuova filosofia che possa sostenere l’era digitale, una filosofia all’altezza del reale che torni a dare struttura ed efficacia al nostro modo di agire, che abbia implicanze nel campo dell’etica, della politica e che sappia intravedere le scelte che questa quarta rivoluzione ci imporrà di fare. Il merito di Floridi è credere nella costruzione di questo nuovo sapere, che sia capace di entrare nelle pieghe della storia che si sta svolgendo e di analizzarlo con rigore e sistematicità. I concetti infatti sono espressi in modo serrato e con un linguaggio preciso e molto tecnico. Questo mette in evidenza il rigore con cui l’A. sta cercando di ridare nuova linfa alla filosofia e al dibattito filosofico. Porre l’attenzione alla rivoluzione digitale ci consente inoltre di poter riflettere su ciò in cui siamo pienamente immersi.
L’espressione “onlife” definisce sempre di più le nostre attività quotidiane: come facciamo acquisti, lavoriamo, ci divertiamo, coltiviamo le nostre relazioni. In ogni campo della vita, le tecnologie della comunicazione sono diventate forze che strutturano l’ambiente in cui viviamo, creando e trasformando la realtà. Floridi ci invita a fermarci e capire che cosa significa tutto questo. Il suo pensiero ci obbliga a ritornare su noi stessi mettendoci in condizione di comprendere gli effetti della rivoluzione digitale sulla nostra vita e nella nostra interiorità.
Il volume ha il merito di spiegare al grande pubblico ciò che è sotteso al nostro presente digitale. Esistono nuovi linguaggi e nuovi paradigmi che hanno bisogno di essere interpretati perché profondamente diversi da quelli precedenti. Per questo motivo nel nuovo approccio di Floridi alla filosofia predominano il fare, l’elaborazione, la costruzione e lo sviluppo concettuale a discapito di sorpassate metanarrazioni. Tuttavia viene anche da chiedersi se una filosofia prettamente operosa, che ben risponde alla rivoluzione digitale in atto, sia capace di abbracciare il “tutto” che la quarta rivoluzione scientifica sta ponendo in essere. Possiamo condividere la posizione del filosofo Carlo Crosato, il quale riflettendo sulla filosofia di Floridi si rifà alla distinzione tra “presente” e “attuale” proposta dai pensatori francesi Deleuze e Guattari: il primo è ciò che siamo, il secondo è ciò che stiamo divenendo. La filosofia di Floridi sa calarsi nel presente e ancorarsi al reale e riordinarne gli elementi. Saprà essa rivelarsi anche “attuale”, e perciò intempestiva non solo rispetto alla vecchia filosofia ma anche alle nuove dinamiche tecniche? Da questo punto di vista, ad esempio, l’attuale pandemia di COVID-19 ha fatto emergere disuguaglianze e disparità di accesso al mondo digitale molto profonde. In un editoriale apparso su Il Corriere Innovazione del 3 aprile 2020, Massimo Sideri ha scritto: «Così come le ferrovie nell’Ottocento hanno portato progresso ma anche una nuova lentezza nelle aree escluse, così come la luce elettrica ha portato un nuovo buio “relativo” che prima non esisteva, oggi la COVID-19 non ci mostra gli esclusi dell’onlife?» Che cosa ne è o sarà dei non geolocalizzati all’interno dell’universo digitale? Coloro che non accedono ad alcuna rete, fissa o mobile, rischiano di rimanere esclusi da ogni forma di servizio? Forse non aveva del tutto torto il filosofo Herbert Marcuse, quando, in una lettera del 1964 a The New York Review of Books, scriveva: «La razionalità tecnologica, che impoverisce tutti gli aspetti della vita contemporanea, ha sviluppato le basi materiali della libertà umana, ma continua a servire gli interessi della repressione. Esiste una logica di dominio nel progresso tecnologico nelle condizioni attuali: non un accumulo quantitativo, ma un salto qualitativo è necessario per trasformare questo apparato di distruzione in un apparato di vita». Se è indubitabile che il mondo verso cui ci stiamo dirigendo a grandi passi è ricco di potenzialità, è anche vero che si intravedono altrettanti ostacoli, incognite e pericoli, che potrebbero cambiarci in profondità. Il rischio potrebbe essere di vedere l’infosfera come il migliore dei mondi possibili, senza considerare le ombre e ambiguità che ogni realtà porta con sé.
Come coniugare allora reale e virtuale? In che modo pensare le emozioni, i sentimenti e l’immaginazione? C’è una intera grammatica della corporeità che rischia di estinguersi definitivamente nei nuovi nativi digitali. Saprà la filosofia dell’informazione aprire spazi di possibilità e critica, o si rivelerà uno strumento troppo immanente alle dinamiche presenti per poterle riconsiderare dalla giusta distanza? Il testo di Floridi merita di essere letto per gli innumerevoli spazi di riflessione, dialogo e confronto che è capace di aprire e suscitare nel lettore, e di questo c’è assoluta necessità.