Reddito d'inclusione, una vittoria (anche) del Terzo settore

Il 9 marzo 2017 il Senato approvava il disegno di legge sul contrasto alla povertà assoluta, nel quale era stata inserita una misura relativa all’istituzione di un reddito di inclusione (Rei) per le famiglie italiane che versano in una situazione economica di grande difficoltà. 

Il provvedimento è stato accolto da subito con esultanza soprattutto dall’Alleanza contro la povertà in Italia, voce importante del Terzo settore e da sempre il maggiore promotore del Rei. Nata nel 2013, l'Alleanza contro la povertà riunisce 37 organizzazioni, tra cui il Jesuit Social Network, Acli, Azione Cattolica Italiana, Caritas Italiana. 

La nuova legge ha cominciato a prendere una forma più specifica il 14 aprile, in seguito alla presentazione di un documento d’intesa che ne definisce i primi decreti attuativi, firmato dal presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, dal ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, e da Roberto Rossini, presidente delle Acli e portavoce dell’Alleanza contro la povertà.

Nel dettaglio, il decreto relativo al reddito di inclusione prevede l’erogazione di un sussidio pari a un massimo di 485 euro mensili alle famiglie con Isee non superiore a 6000 euro e Isr (indicatore della situazione reddituale) inferiore a 3000 euro. Rispetto alle norme sperimentali vigenti fino a oggi e riassumibili nel cosiddetto Sia (Sostegno di inclusione attiva), con l’innalzamento della soglia Isee da 3000 a 6000 euro vengono resi idonei a beneficiare del sussidio anche coloro che possiedono piccoli immobili di proprietà, ma che si trovano senza un reddito. 

Allo stesso tempo, l’introduzione dell’Isr permette di valutare più realisticamente l’effettiva disponibilità economica di quelle famiglie il cui reddito potrebbe, ad esempio, essere quasi interamente assorbito dalle spese per l’affitto dell’abitazione in cui si risiede. In questo caso quella parte di reddito non verrebbe calcolata nell’Isr, che metterà in evidenza con più chiarezza la situazione del portafoglio di queste famiglie, considerando un maggior numero di variabili.

Per quanto ancora ampiamente migliorabile specialmente dal punto di vista dei finanziamenti disponibili, che non superano i 2 miliardi di euro (il 15% dei quali verrà però indirizzato dal governo a sostegno delle amministrazioni locali che si dovranno occupare di implementare i servizi alla persona, spesso insufficienti in molte parti d’Italia), questo provvedimento legislativo rappresenta un importante (seppur parziale) tentativo di far fronte alle gravi difficoltà economiche in cui si stima si trovino ormai circa 4 milioni e mezzo di persone in Italia. 

Ad oggi, con i finanziamenti disponibili sarà possibile aiutare solo circa 400mila famiglie, privilegiando quelle che hanno a carico minori o persone diversamente abili. Per questo l’Alleanza contro la povertà ha già invitato a trovare il prima possibile i finanziamenti adeguati a rendere il reddito di inclusione realmente accessibile a tutti nel giro di tre anni. Resta da valutare come questi provvedimenti, che talvolta vengono tacciati di eccessivo assistenzialismo, permetteranno ai più poveri un integrale reinserimento nella società a livello sia personale che lavorativo.

Di seguito segnaliamo due articoli che Aggiornamenti Sociali ha recentemente pubblicato su lotta alla povertà e reddito di inclusione.

(novembre 2014)

(aprile 2016)

19 aprile 2017
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