Al tempo delle “guerre di religione”, tra il XVI e il XVII secolo, in Europa si dibatteva sul miglior modo di regolare i rapporti fra governati e governanti. Tre i punti di riferimento teorici, associati a tre luoghi e tempi particolari: la democrazia ad Atene, la repubblica a Roma e la monarchia in Israele. Tra questi, la politeia biblica – l’ordinamento politico del popolo ebraico – godeva di uno statuto speciale, potendo vantare un’origine divina.
Nell’attuale dibattito politico la Bibbia non è più un punto di riferimento, anche perché si dà per scontato che la democrazia sia la forma politica più adatta alle nostre società. Ma è altrettanto evidente la crisi delle democrazie occidentali (cfr Costa G., «Tra locale e globale, rilanciamo la democrazia», in Aggiornamenti Sociali, 8-9 [2016] 533-540) e quanto sia difficile modificare funzioni e finalità degli organi istituzionali, come dimostra l’iter di riforma in Italia. Da questo punto di vista il processo costituzionale del popolo ebraico è ancora attuale e rileggerlo può aiutarci a evidenziare le questioni di fondo, da cui dipendono quelle più propriamente tecniche.
Dal carisma all’istituzione
Non è ancora del tutto chiaro come sia nata nell’Israele antico la coscienza di essere un popolo distinto dagli altri. Di certo una svolta determinante si è avuta con l’instaurazione della monarchia, nell’XI secolo a.C., a nord con Saul, nei territori di Efraim e Beniamino (l’attuale Samaria), e, quasi contemporaneamente, a sud, in Giuda, con Davide.
I libri dei Giudici e di Samuele raccontano questo passaggio che comportò sia un conflitto fra i due regni nascenti, sia un dibattito fra la parte filomonarchica e quella antimonarchica. Questo secondo aspetto della crisi, però, risale solo in parte all’epoca in cui sono ambientati i racconti ed è per lo più una retroproiezione di dispute sorte quando già c’erano i re o dopo l’esilio, una catastrofe dovuta anche alle loro scelte politiche (cfr Geremia 36-39).
Il testo più significativo in questo senso è 1Samuele 8, in cui le due prospettive – quella filomonarchica e quella antimonarchica – si confrontano direttamente.
1Samuele 8
1 Quando Samuele fu vecchio, stabilì giudici di Israele i suoi figli. 2 Il primogenito si chiamava Ioèl, il secondogenito Abià, erano giudici a Bersabea. 3
I suoi figli però non seguivano le sue vie, perché deviavano dietro il
guadagno illecito, accettavano mazzette e sovvertivano il giudizio. 4 Si radunarono allora tutti gli anziani d’Israele e andarono da Samuele a Rama. 5
Gli dissero: «Tu ormai sei vecchio e i tuoi figli non ricalcano le tue
vie. Ora stabilisci per noi un re che ci governi, come avviene per tutti
i popoli». 6 Agli occhi di Samuele era cattiva la proposta
perché avevano detto: «Dacci un re che ci governi». Perciò Samuele pregò
il Signore. 7 Il Signore rispose a Samuele: «Ascolta la voce
del popolo per quanto ti ha detto, perché non hanno rigettato te, ma
hanno rigettato me, perché io non regni più su di essi. 8
Come si sono comportati dal giorno in cui li ho fatti uscire dall’Egitto
fino ad oggi, abbandonando me per seguire altri dèi, così intendono
fare a te. 9 Ascolta pure la loro richiesta, però annunzia loro chiaramente il diritto del re che regnerà su di loro». 10 Samuele riferì tutte le parole del Signore al popolo che gli aveva chiesto un re. 11
Disse loro: «Queste saranno le pretese del re che regnerà su di voi:
prenderà i vostri figli e ne farà cocchieri per i suoi carri e i suoi
cavalli e correranno davanti al suo cocchio,
12 li farà
capi di migliaia e capi di cinquantine per arare i suoi campi e mietere
le sue messi, per costruire armi per le sue battaglie e attrezzature per
i suoi carri. 13 Prenderà anche le vostre figlie per farle sue profumiere e cuoche e fornaie. 14 Si farà consegnare ancora i vostri campi, le vostre vigne, i vostri oliveti più belli e li regalerà ai suoi ministri. 15 Sulle vostre sementi e sulle vostre vigne prenderà le decime e le darà ai suoi consiglieri e ai suoi ministri. 16 Vi sequestrerà gli schiavi e le schiave, i vostri armenti migliori e i vostri asini e li adopererà nei suoi lavori. 17 Metterà la decima sui vostri greggi e voi stessi diventerete suoi schiavi. 18 Allora griderete a causa del re che avrete scelto per voi, ma il Signore non vi risponderà in quel giorno». 19 Il popolo rifiutò di ascoltare la voce di Samuele e gridò: «No, ci sia un re su di noi. 20
Saremo anche noi come tutti i popoli; il nostro re ci farà da giudice,
uscirà alla nostra testa e combatterà le nostre battaglie». 21 Samuele ascoltò tutti i discorsi del popolo e li riferì all’orecchio del Signore. 22
Rispose il Signore a Samuele: «Ascolta la loro voce e fa’ regnare un re
su di loro». Samuele disse agli Israeliti: «Ciascuno torni alla sua
città!».
Sono gli anziani, l’aristocrazia governativa delle realtà locali, ad avviare il processo di riforma per due motivi: i giudici nominati da Samuele – in particolare i suoi due figli – sono corrotti e non governano secondo giustizia; secondo loro è bene per Israele essere come gli altri popoli (v. 5), cioè assumere una forma politica di cui si può constatare l’efficacia osservando le realtà limitrofe.
La richiesta è del tutto legittima, tanto più che delegare in quel modo la funzione esecutiva determina di fatto una successione ereditaria del potere, mentre fino ad allora la guida suprema del popolo era scelta direttamente da Dio per mezzo di un’investitura carismatica (cfr Giudici 3,10). Nell’ottica degli anziani, preso atto della svolta in corso, è meglio passare alla monarchia per avere più stabilità, giustizia e sicurezza. Il profeta, infatti, è ormai vecchio e la sua guida non è più efficace, i suoi delegati sono corrotti e c’è il rischio di una sclerotizzazione dello status quo. Si tratta, quindi, di una crisi che investe sia le strutture di governo, sia le persone al potere, istituzionale e culturale insieme.
È comprensibile la resistenza di Samuele, nella cui persona si era accentrato ogni potere: è profeta, giudice, sacerdote e capo militare. Pertanto assume una netta posizione anti-monarchica, interpretando a suo favore l’ammonimento di Dio: Ascolta pure la loro richiesta, però annunzia loro chiaramente il diritto del re che regnerà su di loro (v. 9). Infatti, l’espressione diritto del re è ambigua e può indicare sia lo statuto dell’istituzione, cosa spetta per diritto al monarca; sia le sentenze, i giudizi emessi dal re; sia il suo modo abituale di governare, appunto l’opzione scelta dal profeta, vv. 11-17 (cfr Wénin A., Samuel et l’instauration de la monarchie [1 S 1-12], Peter Lang, Berna 1988). Tuttavia, nonostante l’evidente conflitto di interessi, la sua descrizione di cosa potrebbe accadere non è così lontana dalla realtà constatabile.
Ambiguità e limiti delle due posizioni
Entrambi i partiti, pro e contro la monarchia, hanno buone ragioni e motivazioni ambigue. Nel caso degli anziani non si capisce il collegamento tra la giusta richiesta di avere un buon governo – trasparente, non clientelare e libero dai corrotti – e la nomina di un re. Quali garanzie darebbe questa scelta? Di certo l’autorità di chi governa aumenterebbe, potendo il re emanare leggi, oltre che amministrare la giustizia, ma la forma ereditaria potrebbe favorire il controllo politico da parte delle oligarchie, mentre un carismatico come il profeta o i giudici del passato sono molto meno controllabili. È forse questo il vero obiettivo degli anziani?
Alla fine il confronto con Samuele chiarisce ulteriormente. Alla sua arringa contro la svolta monarchica, il popolo risponde con forza: No, ci sia un re su di noi. Saremo anche noi come tutti i popoli; il nostro re ci farà da giudice, uscirà alla nostra testa e combatterà le nostre battaglie (vv. 19-20). Israele vuole essere come gli altri, percepisce un elemento di debolezza nel suo statuto speciale, che consiste nel ricevere da Dio il governante di cui ha bisogno di volta in volta, vuole stabilità e sicurezza. Ai suoi occhi il re può garantire efficacia ed efficienza nel raggiungimento degli obiettivi, le nostre battaglie. Da notare l’allargamento del consenso attorno a queste ragioni: all’inizio sono solo gli anziani a farsi avanti, alla fine del dibattito tutto il popolo è unanime nella richiesta.
Così, Samuele resta isolato e non riesce a far valere i suoi argomenti misti di realpolitik e interesse, personale e dei figli, il suo “partito”. Ma il profeta deve cedere soprattutto perché, fra le due posizioni contrapposte, Dio si schiera dalla parte del popolo.
La sua reazione sorprende: è consapevole di essere stato rigettato come vero e unico regnante su Israele, vede – e non da oggi – l’infedeltà del suo popolo, eppure è propenso a concedergli un re terreno (v. 7). Detto in termini politici, il Signore sembra abdicare in favore di un altro, un uomo, rinunciando alla sua sovranità. Perché, in ultima analisi, è questo il problema politico radicale sollevato dalla richiesta degli anziani: a chi spetta e come si esercita la sovranità in Israele? La monarchia, infatti, è una forma di governo ereditaria, sottratta al diretto intervento di Dio, non più libero di investire col suo Spirito la persona migliore per guidare il suo popolo. Se il problema sfugge a Samuele, preoccupato di non perdere il suo potere, il Signore, invece, ne è pienamente consapevole. Perché agisce cosi? Il racconto non lo dice, termina con il congedo dell’assemblea, si capirà in seguito.
Dall’istituzione alla legge come garante
Il prosieguo della storia è centrato sulla ricerca dell’uomo più adatto a regnare su Israele. Nonostante gli si opponga, Dio non rigetta il suo profeta, resta fedele sia al popolo, sia a lui e lo guida verso l’uomo giusto. Dopo un primo tentativo fallito con Saul, Dio indica a Samuele un re secondo il suo cuore: Davide (cfr 1Samuele 13-16). Nella vicenda costituzionale si potrebbe dire che Dio si interessa più alla legge elettorale che alla forma istituzionale: ai suoi occhi è più importante affermare chi sceglie chi e portare avanti il processo con pazienza, nonostante un primo insuccesso.
Del resto, la possibilità di avere un re in Israele era già stata contemplata da Mosè, nei capitoli 16-18 del Deuteronomio, una vera e propria costituzione. Anche questo testo, sebbene collocato prima di quello appena esaminato, risale a un tempo in cui già c’era la monarchia e fu composto per definire i limiti del potere regale.
Deuteronomio 17,14-20
14 Quando sarai entrato nel paese che il Signore tuo
Dio sta per darti e ne avrai preso possesso e l’abiterai, se dirai:
Voglio costituire sopra di me un re come tutte le nazioni che mi stanno
intorno, 15 dovrai costituire sopra di te come re colui che
il Signore tuo Dio avrà scelto. Costituirai sopra di te come re uno dei
tuoi fratelli; non potrai costituire su di te uno straniero che non sia
tuo fratello. 16 Ma egli non dovrà procurarsi un gran numero
di cavalli né far tornare il popolo in Egitto per procurarsi gran numero
di cavalli, perché il Signore vi ha detto: Non tornerete più indietro
per quella via! 17 Non dovrà avere un gran numero di mogli,
perché il suo cuore non si smarrisca; neppure abbia grande quantità di
argento e d’oro. 18 Quando si insedierà sul trono regale,
scriverà per suo uso in un libro una copia di questa legge secondo
l’esemplare dei sacerdoti leviti. 19 La terrà presso di sé e
la leggerà tutti i giorni della sua vita, per imparare a temere il
Signore suo Dio, a osservare tutte le parole di questa legge e tutti
questi statuti,
20 perché il suo cuore non si
insuperbisca verso i suoi fratelli ed egli non si allontani da questi
comandi, né a destra, né a sinistra, e prolunghi così i giorni del suo
regno, lui e i suoi figli, in mezzo a Israele.
È stato redatto dagli scribi appartenenti ai leviti, la classe sacerdotale (v. 18), i quali assoggettano tutti – in primis il re – all’osservanza della legge data da Dio al suo popolo, unica vera garanzia di giustizia e stabilità. È un testo utopico e programmatico, che idealmente conclude l’iter costituzionale fatto percorrere dal Signore a Israele. Qui, infatti, si chiude il cerchio aperto dalla richiesta degli anziani: il rimedio alla corruzione da loro denunciata è l’osservanza della legge, nella sostanza e nella forma: al re e al popolo, infatti, non è chiesto solo di rispettarla, ma anche di leggerla e meditarla per assimilarne lo spirito. La carismaticità, che caratterizzava la prima forma di governo in Israele, passando attraverso la monarchia, si risolve nella legalità.
Tre domande fondamentali
Nonostante la distanza temporale, il processo costituzionale d’Israele non è poi così lontano da quello odierno, almeno nelle questioni di fondo.
Gli anziani e il popolo avvertono l’urgenza di una riforma a causa dalla corruzione e, ritenendola non eliminabile col semplice ricambio della classe politica, vogliono modificare le strutture istituzionali. Ma con la monarchia si creerebbe una situazione non più governabile da Dio, come avverte Samuele. In termini politici si potrebbe parlare di un’alternativa fra buon governo e governabilità, due obiettivi fondamentali di ogni riforma. Pertanto una prima domanda è come garantirli entrambi.
Nel caso di Israele l’opzione monarchica è ritenuta dai più come la risposta migliore e forse proprio questa unanimità spinge Dio stesso a muoversi in quella direzione. Per il buon esito di ogni riforma, infatti, è necessario che goda di un consenso quanto più ampio possibile. Da qui una seconda domanda: come raggiungerlo? Gli anziani e il popolo vogliono un re che combatta le loro battaglie: è necessario avere ben chiaro l’obiettivo, il valore unificante. Ma poiché entrambe le parti – filo e anti-monarchica – hanno motivazioni miste, si tratta di mediare, di muoversi sul terreno più propriamente politico. Da questo punto di vista l’azione di Dio è esemplare: accondiscende alla richiesta nonostante comporti la perdita della sua sovranità; concede una seconda possibilità in seguito all’incapacità del primo re, Saul; ristabilisce la sua sovranità, ma per mezzo della legge, cosicché il popolo possa esercitarla in proprio, crescendo in responsabilità politica.
Infine, ci potremmo chiedere se anche noi, come Israele, vogliamo assimilarci alle altre nazioni, assumendo assetti istituzionali analoghi, o se la nostra storia richieda delle soluzioni alternative. Gli aspetti tecnici della riforma costituzionale, infatti, sono in funzione di un progetto politico. Cosa vogliamo diventare? E qual è l’architettura istituzionale più adatta allo scopo? Da questo punto di vista, qualunque sia l’esito del referendum, abbiamo una grande occasione di crescita in cultura politica.