Il pilastro europeo dei diritti sociali

Fascicolo: giugno-luglio 2017

Lo scorso 26 aprile la Commissione europea ha pubblicato un pacchetto di documenti, tra cui una raccomandazione (COM [2017] 2600 final), sul pilastro europeo dei diritti sociali, che si propone di assicurare il buon funzionamento e l’equità dei mercati del lavoro e dei sistemi di protezione sociale nell’Unione Europea (UE). Si tratta di un’iniziativa recente, che avanza però in modo celere: nel 2015, nell’annuale Discorso sullo stato dell’Unione, Jean-Claude Juncker, presidente della Commissione europea, aveva affermato che la realizzazione di un vero mercato del lavoro paneuropeo è un obiettivo chiave per il futuro della UE e aveva annunciato la creazione di un apposito “pilastro sociale”, «che tenga conto delle mutevoli realtà delle società europee e del mondo del lavoro e che possa fungere da bussola per una rinnovata convergenza nella zona euro». Infatti, le indicazioni contenute nel pilastro si rivolgono innanzi tutto agli Stati dell’area euro (ma possono aderirvi anche i Paesi che non hanno adottato la moneta unica) al fine di bilanciare il rilievo goduto dalla dimensione economica con un’esplicita attenzione alle prospettive sociali. La proposta ha trovato ampio consenso presso le altre istituzioni europee, gli Stati membri e i vari soggetti coinvolti, tanto che la costruzione di un’“Europa sociale” è stata inserita tra i punti chiave della Dichiarazione di Roma, firmata dai 27 leader della UE in occasione delle celebrazioni per il 60º anniversario dei Trattati di Roma (cfr il riquadro qui sotto).

Europa sociale

Un’Unione che, sulla base di una crescita sostenibile, favorisca il progresso economico e sociale, nonché la coesione e la convergenza, difendendo nel contempo l’integrità del mercato interno; un’Unione che tenga conto della diversità dei sistemi nazionali e del ruolo fondamentale delle parti sociali; un’Unione che promuova la parità tra donne e uomini e diritti e pari opportunità per tutti; un’Unione che lotti contro la disoccupazione, la discriminazione, l’esclusione sociale e la povertà; un’Unione in cui i giovani ricevano l’istruzione e la formazione migliori e possano studiare e trovare un lavoro in tutto il continente; un’Unione che preservi il nostro patrimonio culturale e promuova la diversità culturale.
(Dichiarazione di Roma, 25 marzo 2017).


La raccomandazione, che non è un testo giuridicamente vincolante, è il frutto del lavoro preparatorio svolto dalla Commissione e dei contributi raccolti nel corso di un’ampia e partecipata consultazione pubblica, svoltasi da marzo a dicembre 2016, attraverso varie modalità (seminari di studio, incontri pubblici, questionario on line). Da questo processo sono emersi i venti principi guida per orientare gli interventi su questi temi, raggruppati in tre macrocategorie: pari opportunità e accesso al mercato del lavoro; condizioni di lavoro eque; protezione sociale e inclusione. Tra i principi ne ricordiamo alcuni: istruzione, formazione e apprendimento permanente; sostegno attivo all’occupazione; dialogo sociale e coinvolgimento dei lavoratori (cfr <http://eur-lex.europa.eu/content/news/social_package.html?locale=it>).

La pubblicazione della raccomandazione non è la tappa conclusiva del lavoro sul pilastro sociale. Con la sua approvazione, la Commissione ha preso posizione, aprendo così un’ulteriore fase di confronto con il Consiglio e il Parlamento europeo in vista dell’adozione di un testo condiviso, oltre a proseguire il dialogo con la società civile sugli orientamenti adottati. Intanto la Commissione ha già avviato l’iter di approvazione di alcuni provvedimenti in tema di equilibrio tra attività professionale e vita familiare, informazione ai lavoratori e accesso alla protezione sociale.

Pur essendo ancora un cantiere aperto, è comunque interessante vedere la filosofia seguita dalla Commissione nel delineare l’impegno della UE in tema di lavoro e di protezione sociale dei prossimi anni. Il pilastro è stato concepito come un quadro generale di riferimento per le azioni adottate ai vari livelli, da quello europeo a quelli nazionali, regionali e locali dei singoli Stati membri. Non è previsto un intervento normativo e regolatorio solo da parte delle istituzioni europee, ma un insieme di azioni svolte dagli organismi di volta in volta competenti nel rispetto dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità, assicurando così che l’attuazione possa rispettare le differenze nazionali e locali, così marcate all’interno della UE. D’altronde non si tratta di introdurre una legislazione del tutto nuova, ma di integrare quanto già esiste (l’acquis comunitario) e di rendere effettive o ampliare le tutele là dove è necessario. La responsabilità di portare avanti l’Europa sociale è condivisa dalla UE, dagli Stati membri e dai rappresentanti della società civile. Questo approccio implica una chiara e leale convergenza di visioni e di interventi da parte di tutti i soggetti coinvolti e costituisce una scommessa importante per il futuro della costruzione europea, essendo in gioco la capacità di collaborare. Infine, i principi individuati nel pilastro intendono accompagnare e guidare la trasformazione del lavoro a seguito della globalizzazione, della rivoluzione digitale e dell’affermarsi di nuovi modelli organizzativi. Non si dimenticano poi le sfide del calo demografico e dei cambiamenti sociali in corso.

Porre le basi di un’Europa sociale costituisce un obiettivo fondamentale per avvicinare il progetto europeo ai cittadini, tanto più rilevante se si considera l’importanza che lo sviluppo del welfare state ha avuto nei Paesi europei dal secondo dopoguerra in poi: la protezione sociale, che è stata un tratto identificativo della concezione del vivere insieme europeo, oggi è ancora centrale anche se più dibattuta. Un’azione coordinata su questo fronte può essere davvero un mattone fondamentale nell’integrazione europea. Si tratta, perciò, di una scommessa cruciale, il cui esito è tutt’altro che scontato, dato che l’ingrediente fondamentale è la collaborazione tra istituzioni europee, nazionali ai vari livelli e società civile.

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