«Il futuro delle finanze dell’Unione Europea»

Fascicolo: novembre 2017

Il 28 giugno scorso la Commissione europea ha arricchito il corposo dibattito sui futuri scenari europei con il documento Il futuro delle finanze dell’Unione Europea. Con l’uscita del Regno Unito, la UE perde un importante compagno di viaggio, un contribuente finanziario e un destinatario delle sue politiche e delle sue risorse. Allo stesso tempo il Libro bianco sul futuro dell’Europa della Commissione europea e i documenti di riflessione correlati partono dal presupposto per cui i 27 Stati membri dovranno affrontare nuove sfide, quali le migrazioni, il lavoro alla prova delle nuove tecnologie, le minacce informatiche, il terrorismo, i mutamenti climatici. Negli ultimi anni, infine, sono emerse crescenti aspettative dei cittadini europei nei confronti dell’Unione, affinché sia in grado di rispondere a domande di sviluppo, stabilità e sicurezza per le quali però attualmente non dispone né dei poteri, che sono in capo agli Stati membri, né delle risorse finanziarie necessari. Che il tema delle finanze sia centrale lo conferma anche il recente discorso del presidente francese Emmanuel Macron, che ha proposto di creare un bilancio comune per gli Stati che hanno adottato l’euro, con un ministro unico delle finanze e un più forte controllo parlamentare.

Questa situazione complessiva ha creato le condizioni per una discussione globale sul tema delle finanze della UE (<https://europa.eu/european-union/topics/budget_it>). Al centro del dibattito emergono alcune questioni tra loro correlate: come garantire al bilancio le risorse necessarie per soddisfare le attese dei cittadini europei? Come operare affinché la spesa della UE produca risultati concreti e visibili per i cittadini, evidenziandone il valore aggiunto europeo rispetto all’intervento nazionale? Come assicurare un utilizzo e un controllo della spesa più semplici e più trasparenti? Tali interrogativi sono evidentemente correlati al senso e al ruolo futuro della UE, rispetto al quale la Commissione ha proposto al dibattito pubblico cinque differenti scenari: “avanti così”, “solo il mercato unico”, “chi vuole di più fa di più”, “fare meno in modo più efficiente”, “fare molto di più insieme”.

La risposta a queste domande di fondo si traduce in scelte operative diverse, presentate nel documento della Commissione alla luce della situazione attuale e dei diversi scenari prefigurati. Ad oggi il bilancio della UE è finanziato circa all’80% mediante i contributi nazionali basati su RNL e IVA (cfr il riquadro qui sotto). I contributi legati all’RNL riflettono la capacità contributiva degli Stati membri. Questo regime ha rafforzato la convinzione fuorviante secondo cui l’utilità del bilancio della UE si possa misurare in base al saldo tra i contributi versati e i fondi ricevuti da ciascuno Stato membro. In questo modo risulta trascurata la peculiarità di un bilancio condiviso: il valore aggiunto derivante dalla messa in comune di risorse per il conseguimento di risultati e la promozione di beni pubblici di dimensione europea, che non possono essere realizzati da politiche nazionali non coordinate. Allo stesso tempo non sono considerati il tema dei diritti e delle libertà assicurati ai cittadini, le economie di scala e i benefici derivanti dall’appartenenza alla zona economica e commerciale più grande del mondo.

Per quanto riguarda le politiche di spesa, a partire dal 2000 il bilancio della UE è stato pensato per rispondere a due finalità maggiori: tenere conto dell’ingresso di 13 nuovi Stati membri con situazioni socioeconomiche eterogenee; attuare politiche volte alla crescita sostenibile e all’occupazione. Il bilancio ha accompagnato inoltre il ruolo crescente, anche se evidentemente incompleto, della UE sulla scena internazionale, ad esempio come leader nella lotta contro i cambiamenti climatici e come principale erogatore di aiuti umanitari e allo sviluppo. In tale contesto la Commissione europea evidenzia che le tre funzioni fondamentali di qualsiasi bilancio pubblico sono gli investimenti in beni pubblici, la ridistribuzione della ricchezza e la stabilizzazione macroeconomica. La priorità di base proposta dalla Commissione sarebbe investire nelle persone, dall’istruzione e dalla formazione alla salute, all’uguaglianza e all’inclusione sociale, valutando l’opportunità di istituire anche la funzione di stabilizzazione.

Come cittadini europei siamo i principali destinatari di tali scelte. Gli strumenti messi a disposizione dalla Commissione europea sono numerosi: documenti e schede dedicati allo stato della UE (<https://ec.europa.eu/commission/state-union-2017_it>), dialoghi con i cittadini (<https://ec.europa.eu/commission/sites/beta-political/files/citizens-dialogues-future-europe_it.pdf>), ecc. La pressione esercitata da esigenze in concorrenza tra loro, in presenza di risorse limitate, porta alla luce l’urgenza di svolgere una riflessione su quale tipo di bilancio sia necessario per l’Europa del futuro. E, quindi, quale Unione Europea, fra gli scenari proposti, desideriamo e intendiamo costruire.

 

Il bilancio della UE

Il bilancio dell’Unione Europea consiste in meno dell’1% del reddito prodotto nella UE e solo il 2% circa della sua spesa pubblica. In termini assoluti nel 2017 il bilancio annuale ammonta a 157,8 miliardi di euro. Le spese di funzionamento complessive sono pari al 6% del bilancio. Le restanti risorse devono assicurare il finanziamento dei programmi e delle azioni della UE in tutti i settori d’intervento, quali politica agricola comune, ricerca e innovazione, politiche di coesione economica, sociale e territoriale, reti di trasporto, protezione dell’ambiente, ecc.

La procedura di adozione del bilancio prevede una proposta della Commissione a cui seguono l’approvazione da parte del Consiglio dell’Unione Europea, in cui sono presenti Governi degli Stati membri, e del Parlamento europeo. Le entrate derivano da tre tipi di risorse proprie: i contributi degli Stati membri calcolati sul reddito nazionale lordo (RNL), i contributi basati sull’imposta sul valore aggiunto (IVA) e i dazi doganali riscossi alle frontiere esterne dell’Unione.


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